Dimissioni! E Borse sull'ottovolante
"Tu mi fai girar, come fossi una bambola", canticchiavano ieri nelle sale operative. Mentre i rumors di dimissioni del Cav e la successiva smentita del presidente del Consiglio mandavano in bambola, appunto, gli ordini sul mercato. Basta guardare i grafici della seduta di ieri per farsi venire il mal di mare. Alle 9 Milano inaugura la settimana calda del governo segnando un -1,2%, in linea con le altre Piazze europee che partono in rosso affossate dai timori per la crisi del debito della zona euro, e amplia i ribassi. Intorno alle 11.30 le agenzie battono la notizia dell'incontro fra Berlusconi, i figli Marina e Piersilvio e il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, per consigliarsi con loro sul prosieguo dell'esperienza di governo. Pochi minuti dopo Giuliano Ferrara pubblica un video sul sito del Foglio e annuncia che “Silvio Berlusconi sta per cedere il passo, è questione di ore, alcuni dicono di minuti". Tesi rilanciata anche dal vicedirettore di Libero, Franco Bechis, su Twitter. Nelle sale scattano immediatamente gli ordini di acquisto: la Borsa di Milano passa in positivo. Alle 12 l'indice FTSE Mib segna un rialzo dell'1,3% con circa 800 milioni di euro di volumi. Mezz'ora dopo il guadagno sale a due punti percentuali (il picco della giornata viene raggiunto alle 12.10). Ma alle 12.55 scatta il fermi tutti: una nota di Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera dei Deputati, definisce le voci prive di fondamento. Passa un'altra manciata di minuti e su Facebook è lo stesso Presidente del Consiglio a smentire: non se ne va. La curva del listino torna giù. Alla fine il Ftse Mib ha chiuso in positivo con un +1,32%: “anche se non si è dimesso, la sua caduta appare ormai inevitabile. Il mercato lo ha già sfiduciato”, spiega un trader. Alle montagne russe dei titoli si è accompagnato l'elastico degli spread Btp/Bund: dal record a 491 punti base è sceso a 472 punti insieme al rendimento del decennale al 6,53% dal 6,66% per poi risalire a 480 (mentre il rendimento del decennale aumentava al 6,58%) dopo la smentita del premier, stringere di nuovo sotto quota 470 punti nel pomeriggio e infine tornare a 485 punti base in prossimità dei massimi giornata nelle ultime battute della seduta . Nel manicomio borsistico di ieri mattina sono finiti anche tre titoli assai cari al Berlusconi-imprenditore: Mediaset, Mondadori e Mediolanum. In scia alle indiscrezioni sull'addio, il Biscione ha toccato un minimo di 2,49 euro verso le 9.30 (ovvero quando ancora le voci non erano filtrate sulle agenzie di stampa) ma attorno alle 11.15 ha cominciato a riprendere vigore fino a un massimo toccato nel primo pomeriggio per poi chiudere la seduta sulla parità (+0,08%) a 2,58 euro. Il venir meno delle coperture politiche espone la società al rischio di un inasprimento dello scenario regolatorio nella televisione commerciale, ancora oggi il punto di forza del gruppo. La caduta di Berlusconi potrebbe, infatti, aprire la strada a un'iniziativa legislativa che punti a ridimensionare Mediaset. Su Mediaset ha inoltre pesato, verso fine seduta, anche la mossa dell'agenzia Standard&Poor's che ha tagliato la raccomandazione sul titolo a “strong sell “ (vendere) dal precedente sell (vendere con moderazione) con target price a 2 euro. Proprio adesso che infuria la battaglia su Endemol con Time Warner che ha messo sul piatto 1 miliardo di euro per la società di produzione televisiva alla quale fanno capo i diritti del Grande Fratello e su cui pesa un debito di 2,8 miliardi che i creditori stanno cercando di ristrutturare da mesi. L'offerta non è vincolante ma ha messo alle strette la cordata Clessidra-Mediaset che considera Endemol strategica per il suo business.A soffrire ieri è stata anche Mondadori che ha chiuso la giornata vissuta sull'altalena in calo del 3,18% mentre il titolo della Mediolanum di Ennio Doris ha tenuto con un -0,07 per cento. Del resto lo aveva detto anche lui, il 3 agosto nel suo intervento alla Camera: “State ascoltando un imprenditore che ha tre aziende in Borsa e che dunque è nella trincea finanziaria, consapevole ogni giorno di quel che accade sui mercati”. Le perdite di questa battaglia che Silvio sta combattendo sul campo di Piazza Affari stanno aumentando. Negli ultimi sei mesi le azioni Mediaset hanno lasciato sul terreno il 43% del loro valore, Mondadori il 48% e Mediolanum il 30,5%. E pensare che alla fine del 2000, quando il centrosinistra era in pezzi e il politico Berlusconi si apprestava a entrare nel decennio dove avrebbe governato quasi di continuo, le partecipazioni di controllo della sua Fininvest nelle società quotate in Borsa valevano 11,06 miliardi. Certo, c'è stata la crisi e rispetto alla fine del 2010 Piazza Affari ha perso nel complesso il 63,3 per cento. Ma il valore delle partecipazioni del premier è diminuito ancora di più: il 79,9 per cento. A fine ottobre, in pratica, si era ridotto a 2,22 miliardi: un quinto di dieci anni fa. Intanto c'è chi si chiede quanto costa al Paese e all'Italia il balletto sulle dimissioni del premier. Ad oggi la Borsa é ormai di fatto un derivato sulla permanenza del Cavaliere.