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Berlusconi lascia. Anzi no Caccia ai deputati indecisi

Silvio Berlusconi

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Berlusconi si dimette. Anzi no. L'indiscrezione la lanciano il direttore de Il Foglio Giuliano Ferrara e il vice di Libero Franco Bechis. Dura un paio d'ore. Fino alla smentita del diretto interessato. «Non mi dimetto», dice Berlusconi, a Milano per un pranzo con la famiglia. E aggiunge: «Domani si vota il rendiconto alla Camera, quindi porrò la fiducia sulla lettera presentata a Ue e Bce. Voglio vedere in faccia chi prova a tradirmi». Ma c'è di più. I lealisti democristiani vicini al Cavaliere (Gianfranco Rotondi, Mauro Cutrufo e Carlo Giovanardi) hanno preparato un documento che chiarisce che non sosterranno governi che non siano indicati dagli elettori. Richiamano gli impegni presi con l'Ue e il Fondo monetario: vincolanti per tutti. «I sottoscritti senatori e deputati consapevoli dell'estrema gravità della situazione economica in Europa e ritenendo che il principale interesse sia l'esigenza di stabilità, strategia e capacità decisionale, sostengono l'azione del governo eletto democraticamente» scrivono. Ribadiscono «la centralità del Parlamento e delle sue decisioni rispetto a forme di pressione nazionali e internazionali che, invece di indicare soluzioni, progettano di sostituire una maggioranza legittimamente eletta» e chiedono al premier e al governo «immediate e innovative azioni nell'ambito di una nuova strategia economica». Due gli obiettivi «ineludibili»: «il riequilibrio effettivo e strutturale della finanza pubblica» e «l'adozione di politiche economiche espansive che riattivino il motore della crescita». Dicono no a chi vuole attuare «un cambio della guardia senza peraltro indicare migliori soluzioni» e dunque escludono di poter dare la fiducia ad «altre maggioranze non indicate dagli italiani». Insomma: questo governo o il voto. Una posizione che punta a rafforzare il premier e a diradare la confusione, aumentata dall'indiscrezione delle dimissioni di Berlusconi. Il vicedirettore di Libero ha spiegato di aver ricevuto la notizia da una «fonte diretta», poi ha pubblicato sul sito del quotidiano una telefonata in cui «un deputato del Pdl» sostiene che il Cavaliere avrebbe lasciato il suo incarico nel primo pomeriggio. La voce, distorta da Libero ma «pulita» da altri giornali e radio, sembra quella del sottosegretario Guido Crosetto. Lui prima smentisce, poi, in serata, ammette: «Non mi va di raccontare balle. Non ne sopporto il peso. La telefonata con Bechis è mia. Era un discorso con un giornalista che conosco da undici anni, di centrodestra, berlusconiano doc, di un giornale amico che, come succede molto spesso mi chiamava per capire ciò che poteva succedere - spiega - Che io, come molti altri, non voglia che Berlusconi rischi l'umiliazione che toccò a Prodi per due o tre traditori, è noto», prosegue il sottosegretario alla Difesa. «La cosa incomprensibile - conclude - è semmai che un amico ti registri e mandi in web una telefonata privata nella quale parli in libertà e relax. Non mi sono mai piaciute le intrusioni nella privacy di nessuno». Il pressing sui dissidenti continua. Soprattutto perché oggi pomeriggio la Camera voterà il rendiconto dello Stato, su cui il governo è «andato sotto» una ventina di giorni fa. Le opposizioni sono orientate all'astensione, nel Pdl prosegue la fibrillazione. Cerca di trovare la quadra il coordinatore del partito, Denis Verdini, che ieri avrebbe, invano, cercato di parlare anche con Fabio Gava, uno dei firmatari dell'appello a Berlusconi per un governo di larghe intese. I «malpancisti», usciti allo scoperto con una lettera al Corriere della Sera, sono sei (Destro, Gava, Pittelli, Bertolini, Antonione e Stracquadanio) e in mattinata si incontreranno per fare il punto della situazione. Il premier avrebbe contattato tre di questi: Stracquadanio, Bertolini e Antonione. Li vedrà oggi. La strada del governo è stretta. Difficile prevedere numeri. Nella maggioranza alcuni sussurrano quota 314. Potrebbero essere di più o anche di meno. Dal canto suo Berlusconi è convinto di averli e va avanti.

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