Storia d'Italia da Kissinger alla Clinton

Qualche anno fa, gli Stati Uniti resero pubblici alcuni documenti dell’archivio di Henry Kissinger. Ne lessi una parte interessantissima. Nel 1975 l’Italia era un Paese in bilico, lo snodo degli equilibri di Yalta. Kissinger il 12 dicembre di quell’anno è riunito alla Casa Bianca con James Callaghan, segretario di Stato britannico, Jean Savagnargues, ministro degli Esteri francese e Hans Dietrich Gensher, vice cancelliere e ministro degli Esteri della Germania Ovest. In Italia governa Moro, si parla di compromesso storico. Kissinger è preoccupato: «Noi abbiamo per mesi impartito lezioni alla Dc sui pericoli del compromesso storico e sulla necessità di una riforma. Ma non ho visto alcun cambiamento nei loro atteggiamenti, nessun impatto pratico. Se qualcuno di voi ha idee, potremmo coordinarci. De Martino sta per venire negli Usa, ma non ha alcun senso far loro la paternale per spingerli a collaborare, se la Dc è un cadavere. Noi siamo a corto d’idee. Ci sono un sacco di progetti, ma nessuno per metterli in pratica». Kissinger, un gigante della diplomazia, non trovava il bandolo della matassa della nostra politica. E che politica. Facciamo un salto in avanti di quasi quarant’anni. Oggi politica ed economia viaggiano in tempo reale. Tutto è rapido e connesso. I mercati dettano l’agenda. Kissinger scrive libri, al Dipartimento di Stato c’è la tostissima signora Clinton. Pensate a Hillary che legge un resoconto dell’ambasciata americana a Roma con i seguenti temi: il passaggio della Carlucci all’Udc, i discorsi di Stracquadanio, Pisanu (già da tre anni in Parlamento quando Kissinger era riunito a Washington) che va da Fini, Bossi che sfancula i giornalisti e alza il dito medio, il ministro dell’Economia Tremonti che va alla sagra della zucca mentre lo spread vola nell’iperspazio, Bersani che fa un discorso da Rivoluzione d’Ottobre in piazza San Giovanni, mentre Berlusconi sta davanti al pallottoliere con Verdini. Se tutto va bene, siamo rovinati.