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Scenario da war game drammaticamente reale

Benjamin Netanyahu

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Un war-game che rischia di diventare drammaticamente realistico. Israele da anni sta mettendo a punto piani di attacco contro l'Iran considerata «minaccia primaria». Il governo Netanyahu ha deciso di «considerare» la possibilità di un attacco preventivo alle centrali di arricchimento dell'uranio di Teheran. Un piano strategico studiato nei dettagli con l'ausilio di modelli matematici e simulazioni computerizzate. Previste anche l'ipotesi di ritorsione da parte dell'Iran che da mesi ha dotato anche le sue navi di missili balistici Shahab e Fars. Israele si è preparato alle ritorsioni che potrebbero mettere in atto Hamas da Gaza e Hezbollah dal Libano. Una maxi-esercitazione in Israele è stata fatta giovedì dove è stato simulato un attacco dall'Iran. Il piano israeliano prevede di colpire sei dei siti nucleare iraniani: Qom, Natanz, Busher, Amarak, Karaj e il centro ricerche vicino Teheran. Un attacco multiplo con missili balistici Jericho III. L'aviazione dovrebbe operare per neutralizzare le difese anti aeree e colpire le postazioni missilistiche dei pasdaran. Il Corpo della Guardie rivoluzionarie, infatti, possiedono Kh-55 con gittata da 2.500 chilometri in grado di portare anche testate atomiche. Questi missili, di fabbricazione russa, possono essere trasportati da cacciabombardieri e consentire all'Iran di lanciarli contro Israele senza lasciare il proprio spazio aereo. Le esercitazioni di attacco aereo, i piloti di Tel Aviv li hanno compiute nei gironi scorsi in Sardegna con simulazioni di rifornimento in volo. Un'analoga operazione simulata era stata fatta all'inizio dell'anno in collaborazione con le forze armate greche sui cieli dell'Egeo. L'escaltion nella regione ha messo in allerta gli eserciti dei Paesi alleati di Israele. Le forze armate britanniche hanno accelerato i preparativi per un eventuale attacco aereo sui siti nucleari iraniani e potrebbero dispiegare nella regione delle unità della Royal Navy per appoggiare azioni militari statunitensi che sarebbero attualmente in fase di studio. Ad accelerare i preparativi - nonostante l'Amministrazione Obama non abbia alcuna intenzione di ricorrere a nuove azioni militari prima delle prossime elezioni presidenziali - avrebbero contribuito due fattori: il prossimo rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, il cui contenuto ravviverebbe le preoccupazioni occidentali sui programmi iraniani, e la decisione di Teheran di trasportare alcune centrifughe e altri equipaggiamenti nella base di Qom, scavata nella montagna e poco vulnerabile agli attacchi missilistici. La finestra per un intervento, secondo alcune fonti militare inglesi «è di dodici mesi», ma «Obama dovrà prendere una decisione nei prossimi mesi perché non vuole ordinare una cosa del genere appena prima delle elezioni negli Stati Uniti». Così, le sfere militari di Sua Maestà hanno cominciato a preparare i piani per un dispiegamento di navi e sottomarini caricati con missili Tomahawk, che dovranno far la loro parte in un attacco per la maggior parte condotto via aria. Un'invasione di terra non è programmata, ma «un piccolo numero di unità delle forze speciali», ha confidato un'altra fonte militare, potrebbe essere necessario sul terreno. Non fosse altro per recuperare eventuali piloti abbattuti. A facilitare l'incursione sui cieli dell'Iran la fine della «no fly zone» sull'Iraq. A fine anno scadrà la clausola di protezione. Londra e Washington cercano di trattenere l'interventismo israeliano. Da un lato per cercare di ottenere una più larga adesione diplomatica a nuove sanzioni. Dall'altra agli Usa serve ancora tempo per concludere l'accordo con Azerbajan e Turkhmstan per le basi militari comprese quelle per le postazioni radar dello scudo anti missile.   Da parte sua Teheran si mostra abbastanza tranquilla. Mantiene il suo potenziale militare in allerta e minimizza le conseguenze di un attacco israeliano. «Cento missili sionisti non ci farebbero danni visto che siamo 80 volte più vasti di Israele che, invece, verrebbe spazzata via dai nostri missili», sosteneva appena pochi giorni fa uno dei consiglieri militari della Guida suprema Ali Khamenei. Certo è che l'Iran ha continuato il suo shopping militare in Ucraina e Bielorussia acquisendo missili balistici da crociera. Notevole anche l'import dalla Cina. Pechino avrebbe venduto armi all'Iran per 312 milioni di dollari divenendo il principale fornitore bellico di Teheran; tra il materiale figurano anche i missili anti-nave C-802 che la Cina si era impegnata nel 1997 a non esportare in Iran. Un rapporto Usa rivela che la Cina sta fornendo anche sostegno tecnologico ed economico.

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