Aumentano i frondisti. Presto la resa dei conti
Berlusconi non ha voluto attendere. Appena tornato dal vertice di Cannes, il Cavaliere si è chiuso a Palazzo Grazioli. Con lui il segretario del Pdl Alfano e il sottosegretario Gianni Letta. I dissidenti aumentano e martedì, quando si voterà il rendiconto dello Stato, ci sarà, di fatto, una prova di sfiducia. Il premier ostenta sicurezza. È certo che riuscirà a convincere i dissidenti. Eppure la tensione è alle stelle. Anche ieri un altro abbandono (Carlo Vizzini ha lasciato il Pdl per il Psi di Nencini) e un nuovo documento (a firma Sardelli-Scotti-Milo) per chiedere un cambio di governo. Ma la maggioranza è «solida», assicura Silvio Berlusconi. Il suo esecutivo non cadrà. E interverrà in prima persona, annuncia il premier da Cannes, per fermare i «tradimenti». Incontrerà uno a uno gli «scontenti» e loro, si dice certo, «torneranno sulle loro posizioni». «Noi siamo al governo ed abbiamo una maggioranza solida e quindi continueremo a governare», afferma Berlusconi. Le prossime ore saranno dedicate ad arginare l'emorragia. Isabella Bertolini, tra i sei firmatari della lettera al premier, si dice «offesa» dalle parole di Berlusconi: «Non gli ho mai chiesto nulla», tantomeno posti di governo, sottolinea. Sono risposte politiche, segnali concreti che gli «scontenti» si aspettano. Il governo, ripetono, deve allargare la sua maggioranza, anche se ciò richiedesse un passo indietro dello stesso Berlusconi. Cosa però per lui inaccettabile. I firmatari della lettera, cui potrebbero aggiungersi altri colleghi, si sono dati appuntamento all'inizio della prossima settimana per definire la linea. Di certo martedì non voteranno contro un atto contabile come il resoconto di bilancio. Ma è forte la tentazione, condivisa con diversi altri «malpancisti», di un'astensione, per lanciare un segnale al governo. Poi, se le risposte ancora non saranno arrivate, niente è escluso. Neanche il sostegno alla mozione di sfiducia che le opposizioni sono pronte a presentare, ma solo se verificassero che i numeri per farla passare effettivamente ci sono. E mentre continua il lavoro nell'Udc per conquistare alle ragioni dell'opposizione altri deputati, un nuovo brutto segnale per il governo arriva dall'area dei «responsabili». Con un documento a firma Sardelli-Milo-Scotti che riecheggia quello dei pidiellini nel chiedere un nuovo governo con un passo indietro del Cavaliere. Mentre gli ex Fli Urso, Ronchi, Scalia e Buonfiglio sarebbero sempre più vicini a formare una componente autonoma del Misto, «Fare Italia». Intanto, la contabilità parlamentare segna una risalita da 314 a 315 dei numeri della maggioranza. La circostanza è triste: la morte di Pietro Franzoso, coinvolto in un incidente qualche mese fa e assente alle ultime votazioni. Gli subentra Luca D'Alessandro, capo ufficio stampa del Pdl. La sua fiducia al governo è sicura. Ma non è tutto. Del conto non fa parte Alfonso Papa, agli arresti domiciliari ma non è escluso che il Pdl possa sollevare la questione nelle prossime ore, chiedendo che possa votare. A via dell'Umiltà stanno raccogliendo un dossier con quelli che ritengono «precedenti» a favore di questa tesi. Arturo Iannaccone di Noi Sud minimizza e assicura: «Finora sono venuti fuori solo i malumori all'interno della coalizione governativa, ma io ritengo invece che ce ne siano tanti anche nell'opposizione, e penso che potranno venir fuori nei prossimi giorni, i conti dunque si potrebbero pareggiare». Netto Paolo Guzzanti (Popolo e Territorio): «Darò la fiducia al governo ma credo che sia arrivato alla frutta e credo che Berlusconi cadrà la prossima settimana. Finché hai i numeri va avanti ma adesso ci sono molti deputati che si stanno allontanando, e la cosa peggiore è che non si capisce cosa vogliano». Ora gli occhi sono puntati sulle prossime scadenze e l'appuntamento con il via libera al ddl stabilità non è importante solo perché equivale a dare il via libera alle misure concordate in ambito internazionale per contrastare la crisi e confermare la credibilità dell'Italia e del suo governo. Quel voto in Parlamento rappresenterà un ulteriore banco di prova per l'Esecutivo.