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Mossa da Draghi, la Bce taglia i tassi

Mario Draghi

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La «prima» di Mario Draghi alla presidenza della Banca Centrale Europea è un trionfo. Con una mossa a sorpresa nella prima riunione del consiglio direttivo il successore di Trichet ha abbassato il costo del denaro dello 0,25%. In un solo momento la politica rocciosa dell'ex timoniere Trichet è dimenticata. Peccato per monsieur Trichet, avversato in patria qualche mese fa da uno dei gestori di patrimoni più grandi del mondo, il fondo Carmignac, che comprò un'intera pagina del Financial Times per felicitarsi della fine del mandato all'Eurotower del banchiere francese. Per il fondo di investimento Trichet era stato prima il principale freno dell'industria francese con la politica del franco forte, poi giunto alla Eurotower mise il laccio alla crescita europea intestardendosi nel mantenimento, a tutti i costi, di un euro supervalutato. Tutto finito. Ora si cambia stile. Si passa al modo più franco, esplicito, diretto di colui che la stampa anglosassone ha già soprannominato Super Mario. Stop almeno per ora al modo più prudente, abbottonato, ma a tratti un po' ingessato e negli ultimi tempi ripetitivo (specie a fine mandato) di Trichet. Aria nuova insomma nel cielo di Francoforte. Con un perfetto «coup de theatre» il neo presidente, che mercoledì scorso, si era tenuto a debita distanza dal mini vertice della Merkel e di Sarkozy a Cannes, inviando un suo delegato, ha di fatto rubato la scena addirittura al G20. La sua scelta inattesa di tagliare i tassi dello 0,25% ha portato euforia sui mercati finanziari che sull'onda delle buone notizie della mattina con la cancellazione del referendum greco hanno cominciato a rimettere nelle linee telematiche gli ordini di acquisto. Alla fine le Borse, a prescindere dal comunicato del G20 che, al momento dell'annuncio era in fase di scrittura, hanno cominciato a correre al galoppo. Piazza Affari, maglia rosa in Europa, ha concluso con un guadagno del 3,23%, seguita da Francoforte (+2,81%) e Parigi (+2,73%). Rialzi più contenuti per Madrid (+1,61%) e Londra (+1,12%). Un buon giorno per mettere alla spalle mesi di inquietudine e di perdite. Sì, nulla è ancora a posto. Si è trattato solo di un scatto di adrenalina positiva. L'intervento è infatti minimo. Il taglio è dello 0,25%. Una frazione infinitesimale comunque percepita come un'inversione di tendenza. Ma non basterà a raffreddare gli spread. Draghi lo ha detto molto chiaro: spetta in primo luogo al governo italiano, e a quelli degli altri Paesi, far scendere i rendimenti dei titoli di Stato. E ha subito avvertito tirando fuori la sua anima prussiana: «Nessuno può costringere la Bce a acquistare titoli di Stato dei paesi in difficoltà».   Insomma ha fatto capire che gli Stati non devono contare troppo sulla Bce per risolvere i propri problemi. L'invito è a rimboccarsi le maniche perché spiega che Aalle continue tensioni sui mercati finanziari peseranno probabilmente sul ritmo della crescita dell'Eurozona nella seconda metà dell'anno». L'inflazione nell'eurozona «calerà» ancora nel 2012, scendendo sotto il 2%, e la dinamica dei prezzi, dei costi e delle retribuzioni dovrebbe restare moderata. Più in generale il numero uno della Bce avverte che «i governi dell'Eurozona devono essere inflessibili sul rispetto degli impegni presi a livello comunitario per assicurare la stabilità finanziaria dell'Europa. I paesi con deficit e debiti più elevati, ha aggiunto, devono essere pronti a varare misure di risanamento aggiuntivo».   C'è anche un aspetto profondo nella scelta di tagliare il costo del denaro alla prima occasione rischiando di attirarsi le critiche degli ortodossi della tradizione Bundesbank. Il taglio ha un valore simbolico. È caduto di fatto il muro dell'ottusità alzato di falchi della Bce che non hanno mai nascosto l'idea di continuare a difendere l'euro supervalutato contro qualunque ragione di buonsenso economico. Mantenere il valore della moneta unica così alto ne ha fatto una valuta di riserva mondiale, ha tenuto bassa l'inflazione, vecchio refrain dei tedeschi, ma ha introdotto il virus del rallentamento economico anche nella solida economia tedesca. Va bene mantenere forte una moneta ma non può diventare una questione di rigidità di principio. Così i dati sulla disoccupazione in crescita anche tra i tedeschi e il rallentamento del'export hanno motivato i politici teutonici ad accettare una svalutazione leggera dell'euro. Quota di 1,42 sul dollaro era chiaramente non più rappresentativa del potenziale economico dell'area euro. Eppure appena la moneta unica scendeva oltre la soglia di 1,37 sul dollaro si metteva in moto un meccanismo di recupero. Costoso e inutile. Perché le merci europee sono diventate sempre più costose e dunque meno vendute all'estero. Draghi che è un economista raffinato ha dato il segnale. La politica dei cambi va aggiustata per ridare ossigeno alla crescita.Quella sulla quale ha puntato per anni come unica soluzione per i ritardi italiani che ora rischiano di diventare un problema europeo.

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