Incompatibili con l’agenda dell’Europa
Se Berlusconi è bollito, Bersani è congelato. Se il centrodestra è incapace di fare le riforme, il centrosinistra promette di essere la riedizione dell’Unione. Se il Pdl è un partito anarchico-monarchico, il Pd è un monolite d’intolleranza (vedi alla voce Renzi). Se a destra pensano al giorno dopo, a sinistra sono rivolti all’indietro. Il discorso di Pier Luigi Bersani a Roma era il tassello che mancava: l’opposizione è ferma al «piano A» (cacciare Silvio), ma non ha il «piano B» (cosa si fa se resta?), per non parlare del «piano C» (se cade cosa combiniamo e con chi?). Avviso ai naviganti, c’è un’agenda da rispettare. È quella concordata con la Bce, l’Unione Europea e il Fondo monetario internazionale. Piaccia o meno, quella è la bussola non più del governo, ma dell’intero Paese. Per questo l’attacco di Bersani a Merkel e Sarkozy e alla «destra» europea è un boomerang, fa emergere l’incompatibilità dell’opposizione proprio con quell’agenda. Quel messaggio conferma quanto scrivono le agenzie di rating: il problema italiano è di sistema, coinvolge non solo Berlusconi ma un numero di persone e istituzioni che mandano segnali contrastanti su tutto. Cosa accadrà? Berlusconi resisterà, i mercati ci martelleranno fin da domani e l’opposizione chiederà le dimissioni senza dare soluzioni. Passo indietro del Cav? Facciamo un salto avanti: immaginiamo che Berlusconi lasci la poltrona e si apra la crisi. A quel punto cosa faranno Casini e Fini? Ricostruiranno il centrodestra con un nuovo esecutivo dei moderati e un capo del governo diverso? O prevarrà in loro la tentazione di evitare gli impegni impopolari dell’agenda europea per capitalizzare il ruolo di opposizione quando si andrà al voto? Essere o avere? Entra in scena Machiavelli: la politica non sceglie l’ideale, ma la convenienza. Per questo si galoppa verso le elezioni anticipate, cioè il rinvio della soluzione dei problemi. Tutti cercano l’alibi per buttare all’aria l’impopolare agenda. L’Italia (non) può attendere.