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L'asse franco-tedesco mina l'Europa

Sarkozy (S) e Merkel (D)

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Ha un sapore grottesco la storia veicolata dai politici di centro-sinistra secondo la quale alle origini della crisi internazionale che rischia di affondare l'euro ci sarebbero il debito italiano e, in particolare, l'inadeguatezza del governo Berlusconi ad assumere misure adeguate. Si tratta di una tesi che non sta in piedi. E che rivela tutta l'irresponsabilità di uno schieramento politico in astinenza di idee capace soltanto di salire al Colle per chiedere le dimissioni del governo, come se, in un momento di grave tensione finanziaria mondiale, una crisi ministeriale, indipendentemente dai suoi esiti, potesse essere la panacea di tutti i mali e non già il modo per rendere ancor più vulnerabile il sistema economico del Paese. Meno male che, in quello stesso schieramento di centro-sinistra, c'è, almeno, qualcuno che ha avuto il coraggio di sottolineare come le cose stiano diversamente. Un economista dell'Università di Siena, Sergio Cesaratto, ha infatti riconosciuto su L'Unità che «è questa Europa che sta facendo esplodere il debito italiano e non viceversa» ed ha aggiunto che «al popolo della sinistra va detta la verità». La verità - aggiungiamo noi - è che questa Europa, o meglio, Eurolandia, è malata perché è nata male. E perché è dominata dall'asse franco-tedesco che ragiona in termini di egemonia politica, economica e commerciale e che si crogiola in quella idea di una "Europa a due velocità" la quale rappresenta, concettualmente, una negazione del progetto unitario. Quando fu avviata la costruzione dell'Unione Monetaria Europea l'Italia non era affatto in regola con quei cosiddetti "parametri di Maastricht" che era necessario rispettare per poter partecipare all'avventura della moneta comune. Non lo era, in particolar modo, per quelli che richiedevano un deficit pari o inferiore al 3% del prodotto interno lordo e un rapporto debito/pil inferiore al 60%. Il governo Prodi riuscì, come si ricorderà, con una manovra, contestata e onerosa ma santificata dalle vestali dell' euro, a centrare il primo obiettivo. Tuttavia all'Italia fu consentito l'ingresso perché Francia e Germania avevano interesse a evitare una svalutazione della lira rispetto alla nuova moneta e a depotenziare un possibile forte concorrente commerciale in alcuni settori, in particolare quello manifatturiero. Già allora, insomma, operava l'asse franco-tedesco. Già allora, Berlino e Parigi non facevano mistero dell'intenzione di voler considerare la nascente Eurozona come strumento di tutela e/o promozione dei propri interessi nazionali e di presentarsi, di fatto, come i Paesi guida di quell'area. Il protagonismo franco-tedesco è riemerso anche in queste ultime ore con l'annuncio, a sorpresa, dell'odierno vertice a due a Cannes per discutere dell'emergenza Grecia e della crisi del debito sovrano. È sintomatico che l'Italia non sia stata invitata, che non venga considerata un interlocutore e che sia posta sullo stesso piano di Stati economicamente e finanziariamente più deboli. La politica da "compari" del duo Sarkozy-Merkel non può non ripercuotersi sulla situazione del debito pubblico italiano. Il centro-sinistra, anziché pensare al passo indietro di Berlusconi, dovrebbe preoccuparsi dell'asse franco-tedesco, e delle sue conseguenze. E dovrebbe anche - per onestà - ricordare che le origini del nostro debito pubblico affondano le radici lontano nel tempo e si collegano alle dissennate pretese sindacali, alle agitazioni sociali, alle rivendicazioni dei decenni successivi al miracolo economico: fattori all'origine della costruzione di uno Stato assistenziale burocratizzato, mastodontico e insostenibile economicamente nonché della conseguente e incontrollata dilatazione della spesa pubblica coperta con l'emissione dei titoli di debito pubblico. Ma, forse, è troppo sperare nella memoria e nella buona volontà della sinistra.

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