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Berlusconi: "Resto e combatto"

Silvio Berlusconi

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Silvio Berlusconi respinge al mittente i suggerimenti di quanti, anche ai vertici del Pdl, gli chiedono di riflettere sull'ipotesi del passo indietro. «Non mi dimetto e combatto», dice spazzando via quelli che derubrica a meri «pettegolezzi del Palazzo». Il presidente del Consiglio si mostra determinato a voler convincere i tanti scontenti del Pdl a non abbandonarlo. Ma sa bene che i numeri sono troppo risicati per essere ottimisti.  Eppure, il Cavaliere, ripete come un mantra di non vedere «maggioranze alternative» in Parlamento e che il suo è l'unico governo in grado di tenere insieme una coalizione. Il suo ragionamento suona così: noi non potremo mai appoggiare un governo tecnico, con Monti o altri, anche perché non avremo nessun vantaggio: dovremo votare misure lacrime e sangue, la Lega non ci starebbe e in più non ci garantirebbe una alleanza con Casini. Ragionamenti confermati dalla durissima presa di posizione di Roberto Calderoli. Inoltre, ha argomentato con i vertici del Pdl, siete sicuri che Casini appoggerebbe un governo guidato da un uomo di centrodestra, anche stimato da tutti come Letta? Insomma, nessuna delle soluzioni prospettate lo convince. Ad ogni modo, per spegnere ogni retroscena, nel pomeriggio dirama una nota dal tono sarcastico: «Girano nei palazzi romani chiacchiere e pettegolezzi su un argomento: le dimissioni di questo Governo. Mi spiace di deludere i nostalgici della Prima Repubblica» ma «il nostro Governo continuerà la battaglia». Qualche ora dopo, in collegamento con una manifestazione di Michela Vittoria Brambilla a Lecco, ribadisce: «State tranquilli, non ho proprio nessuna intenzione di fare passi indietro». Continuiamo ad avere la maggioranza, aggiunge, negando qualsiasi «commissariamento» internazionale. Il capo del governo però appare sempre più isolato, anche nel partito. Oggi è rimasto tutto il giorno a palazzo Grazioli. Ha visto solo Paolo Bonaiuti e Gianni Letta, che è rimasto con lui fino alle prime ore del mattino dopo il vertice di ieri notte. Nel Pdl ormai non c'è deputato, anche dirigente, che non abbia dubbi sulla linea del premier. E a via dell'Umiltà è allarme rosso: nonostante il pallottoliere di Denis Verdini continui a segnare 315, tutti danno per imminenti nuovi "smottamenti". Ecco perché si sta ragionando su altre soluzioni: Il piano, riferiscono diverse fonti pidielline, sarebbe grosso modo questo: il capo del governo chiede alle opposizioni di sostenere il pacchetto di misure anti-crisi, sostenendo che è l'Europa a volerle, rinunciando al voto di fiducia. Contemporaneamente, in Aula, annuncerebbe - una volta messi in sicurezza i conti dello Stato - l'intenzione di salire al Colle per rimettere il mandato nelle mani di Giorgio Napolitano. Un modo per arrivare a fine anno, sbarrando così la strada a governi tecnici. Una proposta che sembra trovare conferma nelle parole di Angelino Alfano che apre ad una «riflessione da fare nei prossimi giorni sulla condotta politica da scegliere per favorire il più vasto concorso possibile di forze politiche e sociali». Un piano sottoposto a Berlusconi già ieri sera, dopo i suoi no a qualsiasi passo indietro e che il Cavaliere non avrebbe scartato a priori. Prima di prenderlo in considerazione, però, è determinato a tentare di convincere i tanti scontenti che sono sul punto di mollarlo. Fra ieri e oggi ha alzato il telefono e li ha chiamati praticamente tutti. A diversi di loro ha promesso di voler aprire alle opposizioni, chiedendo che tutti contribuiscano assumendosi le proprie responsabilità. Ma si è anche giustificato - almeno stando a chi ha ricevuto la telefonata - per le cose che non sono state fatte: la Lega si è messa di traverso sulle pensioni e Tremonti su tante altre cose, ha ragionato. Con tanti si è dato appuntamento a lunedì o martedì. Segno che non intende demordere fino alla fine. Anzi, ad alcuni ha rivelato di aver fatto breccia fra diversi radicali.  

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