Santoro ancora non parte e già fa la vittima
Una tv «che sale sulla gru per farsi sentire». Il tentativo di colmare il vuoto «tra le piazze che si muovono e il Palazzo immerso nell'autoreferenzialità». La voglia di cavalcare quella «rivolta del pubblico che è già cominciata». «Uno schiaffo al potere», con «un destinatario polemico che non è Berlusconi ma il sistema politico nel suo insieme». E soprattutto «una giornata di sciopero per dire che la tv in onda ci fa schifo». Tutto questo, nelle parole di Michele Santoro, sarà Servizio pubblico, la nuova avventura al via dopodomani su una multipiattaforma tv, web e radio. Assediato da fotografi e cameramen nella sede della Fnsi, affiancato da Sandro Ruotolo, Santoro non nasconde la «grandissima emozione», ma anche la consapevolezza che «sono già oltre 93 mila coloro che si sono messi in fila per versare i 10 euro di sottoscrizione», per un totale ormai vicino al milione di euro. «Giocheremo al Maracanà», dice, aggiungendo che sono già «un milione le visualizzazioni dei video sul sito del programma e 500 mila su YouTube». Insomma, il suo popolo si è messo in moto. Quel popolo che in futuro potrebbe anche entrare nel capitale della società editrice di Servizio pubblico, Zero Studios. «Siamo disponibili ad includere l'associazione che ha raccolto le donazioni nell'azionariato e non si esclude in futuro l'ipotesi di una fondazione», spiega la presidente Cinzia Monteverdi. Tema della prima delle 26 puntate previste da qui a giugno sarà «Scassare la casta»: nello studio allestito a Cinecittà, tra tubi Innocenti e gru (ma niente frigorifero, promette Santoro, prendendo le distanze dalla scenografia del «rottamatore» Renzi), si confronteranno Diego Della Valle e Luigi De Magistris, a rappresentare punti di vista diversi su come uscire dalla crisi. Si lavora anche a un collegamento con Walter Lavitola. Ed è difficile non ricordare che ai tempi di Annozero l'ex direttore dell'Avanti venne intervistato a Santa Lucia da Corrado Formigli, oggi avversario televisivo di Michele con il suo Piazzapulita in onda ogni giovedì su La7. «I politici? Se verranno è per cogliere l'opportunità di parlare con un pubblico inconsueto per gli altri talk show». Giovedì inizierà Vauro con una sorpresa, poi parola a Marco Travaglio «per raccontare la balla della settimana» e lanciare un tema che ogni giovedì sarà sottoposto in tempo reale a un sondaggio su Facebook (gestito da Giulia Innocenzi). E ancora servizi, filmati, ma non sarà la «brutta copia» di Annozero. «Sarà un programma fatto di elementi poveri, ma artisticamente bello», assicura. Costo previsto a puntata, 250 mila euro, con un fatturato finale di circa 7 milioni (compresa la gestione tv del sito). Quanto alla raccolta pubblicitaria, «le tv locali assicurano un minimo garantito di 110 mila euro a puntata, cui va aggiunta la raccolta su Internet e su Sky». Santoro ribadisce di non voler fare «la vittima: sto al centro del ring, ma in Italia la censura c'è». E basta con il dire che il servizio pubblico è uno ed indivisibile: «Il servizio pubblico non può essere esclusivo. E una cosa più divisa della Rai ancora non l'ho vista. Questo presidente della Rai - è l'attacco a Paolo Garimberti - dovrebbe smetterla di dire fesserie». E poi «si può perdere Santoro, si può perdere anche la Dandini, ma devi sapere che cosa mandare in onda al posto loro. Se vai in onda con gli animali e lo fai per ragioni extra-aziendali vuol dire che stai subendo delle censure». «Siamo della Rai anche quando non siamo in Rai», non si stanca di ripetere Santoro, che non ritira la sua candidatura a direttore generale della tv pubblica. «Se vinceremo la nostra scommessa con il pubblico, potremo anche contribuire ad evitare che la deriva della Rai continui con un altro governo». Un possibile ritorno in futuro a Viale Mazzini? «Le mie scelte - conclude Santoro - dovranno essere condivise dalla persone che mi accompagnano in questa avventura, compresi i 100 mila sottoscrittori. Così spiegheremo a Bersani che 100 mila persone si possono coinvolgere rapidamente. E lo dico affettuosamente».