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Sacconi: nuclei clandestini in Italia

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Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi

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"Quello che è successo a Roma è sì sintomo di insofferenza giovanile, ma indica anche che sono al lavoro nuclei organizzati che operano clandestinamente per trasformare il disagio in rivolta". Lo afferma il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Secondo il ministro nuclei clandestini lavorano per la rivolta. Richiamando anche gli scontri del 15 ottobre Sacconi sostiene che "l'Italia non è la Svizzera. Quello che è successo a Roma è sì sintomo di insofferenza giovanile, ma indica anche che sono al lavoro nuclei organizzati che operano clandestinamente per trasformare il disagio in rivolta". "I terroristi e i violenti organizzati in Italia, come dimostrano i decenni tristi che abbiamo vissuto, non sono venuti da Marte: li abbiamo allevati nelle nostre scuole, nelle nostre università, nelle nostre case. E con molta tolleranza politica, culturale, istituzionale. La Germania non ha fatto così", afferma ancora. "Che cosa significa ciò? Significa che il terrorismo non nasce da lucide elaborazioni estremiste prodotte all'interno del quadro politico, ma nasce dal ventre della società, da pulsioni che diventano irrefrenabili quando la dialettica politica da strada diventa linea politica. Ricordiamo l'uccisione del commissario Calabresi: per oltre due anni Calabresi è stato indicato, anche sulla stampa "borghese", come il defenestratore di Pinelli creando il clima e il contestò (ricordate Sciascia?) in cui è maturato, fino alla scontata conclusione, il delitto Calabresi. Facciamo un salto di quasi trent'anni: abbiamo scordato il contesto in cui è maturato l'assassinio di Marco Biagi?". "Oggi, in Italia non esiste (ancora..) un movimento eversivo da cui possano scaturire energie terroristiche paragonabili a quelle che abbiamo vissuto negli ultimi trent'anni del secolo scorso. La crisi delle ideologie ha colpito anche le progettualità rivoluzionarie. Quello che è successo a Roma ci dovrebbe tuttavia far riflettere sull'esistenza, nel nostro Paese, di spinte ribellistiche di non sottovalutabile potenzialità eversiva. Le tossine degli anni Settanta continuano a produrre patologia politica. L'Italia non vive una condizione di guerra civile. Viviamo, tuttavia, quotidianamente un dibattito politico e una dialettica da guerra civile", afferma Sacconi. Marco Biagi "non è stato ucciso da una possente organizzazione terroristica. È stato assassinato da un gruppetto di una decina di persone (infermieri, tecnici di radiologia, precari universitari) che pensavano di fare un favore alla società eliminando quello che anche voci non rivoluzionarie descrivevano come un nemico dei lavoratori". "Il dissenso - conclude - è necessario e costituisce il sale della democrazia. Quando esso muove dal rispetto dell'avversario è ancor più efficace e convincente. Soprattutto se si ha fiducia nelle proprie ragioni". Per il senatore Ichino "non si deve usare il terrorismo come bavaglio". "Credo che il rischio di un'azione violenta da parte di terroristi non sia oggi maggiore di ieri e che comunque non debba essere usato per limitare il dibattito sulle questioni di politica del lavoro, soprattutto sulle questioni calde, delicate come quella che è sulle prime pagine dei giornali in questi giorni". È quanto ha detto in un'intervista a Radio 24 il giuslavorista e senatore Pd sull'allarme terrorismo lanciato dal ministro Sacconi.  

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