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Napolitano: Italia esposta a gravi rischi

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

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Giorgio Napolitano parla al termine di una giornata funesta per le borse europee, in particolare per Piazza Affari, oggi maglia nera d'Europa. L'occasione è la cerimonia per il 180esimo anniversario del Consiglio di Stato al Quirinale. E qui il capo dello Stato ribadisce i suoi moniti di incitamento ad affrontare la crisi economica. Ma c'è un inedito. Per Napolitano "l'Italia è esposta a rischi di grave inadeguatezza nell'ambito delle istituzioni Ue". Per la prima volta il presidente della Repubblica lo riconosce. Il Capo dello Stato riprende il filo dei ragionamenti sull'Unione Europea della scorsa settimana. E cioè rimarca la "necessità, sempre più matura, di estendere l'area della sovranità condivisa" che però "nulla toglie all'esigenza di un efficace funzionamento e rafforzamento" di uno Stato come l'Italia, "storicamente caratterizzato da intrinseche debolezze e oggi esposto a rischi di grave inadeguatezza". Un modo per dire che nella cornice comunitaria ci sta bene uno Stato forte, che immagini le sue riforme ben piantate nella Costituzione, che abbia una legislazione non confusa, che respiri cultura e senso delle istituzioni. Tutto questo oggi in Italia non c'è. E Napolitano lo dice a chiare lettere. Oggi "si avverte un acuto bisogno di più cultura e di più senso delle istituzioni". Serve una "migliore legislazione", perché è vero che "il rischio di legiferare confusamente" è "antico o permanente", ma è anche vero che "in tempi recenti" c'è stato "un sensibile scadimento del processo di formazione delle leggi". E poi le riforme: per farle nella maniera giusta "bisogna partire" dalla "Costituzione repubblicana, gli equilibri e le garanzie che essa ha fondato". Un altro dei moniti preoccupati del capo dello Stato. Nel discorso di oggi al Quirinale, Napolitano sottolinea una particolare funzione del Consiglio di Stato. Quella di "frenare l'arbitrio dei partiti che prendono il governo". Lo fa indirettamente, citando Benedetto Croce che, in un suo testo del 1925, difese Silvio Spaventa, fautore della formazione della quarta sezione del Consiglio di Stato quale struttura di "tutela dei cittadini nei confronti degli apparati pubblici", dal tentativo dei fascisti di presentarlo come precursore della loro "idolatria dello Stato". Spaventa, scrisse Croce e dice Napolitano, voleva "solo garantire a tutti i cittadini la giustizia", "impedendo e frenando l'arbitrio dei partiti che prendono il governo". E resta questo, anche oggi, lo "spirito" delle "funzioni giurisdizionali e consultive del Consiglio di Stato".

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