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Camilla Conti Ancora brucia quel «sorrisino» fra la Merkel e Sarkozy sull'affidabilità del nostro Paese.

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Ovverola terza economia dell'Eurozona con i circa 1.500 miliardi di pil e con 2 mila miliardi di debito pubblico che non è stata fatta accomodare al tavolo delle trattative (lo farà solo questa mattina al prevertice del G20 accanto alla Spagna). Certo, è innegabile che lunedì e martedì sui mercati, azionari e obbligazionari, si è venduta l'Italia e il suo rischio sovrano aggravato da una politica che certamente non sta offrendo risposte serie e credibili agli investitori. Ma se noi piangiamo e piangeremo (lacrime e sangue), anche i professorini francesi e tedeschi non ridono. Anzi. L'ennesima dimostrazione arriva dal grafico del Council on Foreign Relations, che pubblichiamo in pagina, che fotografa lo spostamento dei depositi bancari dai Paesi in difficoltà (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, senza l'altra «i» dell'Italia) alla Germania. In questa correlazione si vede che sostegni bancari nazionali sono impraticabili in una zona monetaria comune, perché ogni Stato sovrano ha il proprio profilo di rischio di credito. I depositanti semplicemente fuggono verso il miglior sostegno. Prima della crisi finanziaria, quei depositi erano strettamente correlati, come mostrato nel grafico, ma nel corso degli ultimi due anni la correlazione si è capovolta: i depositi sono in fuga dai Pigs e volano in Germania. Una stabilità del sistema bancario della zona euro richiederà quindi una regolamentazione e un regime di salvataggio unitari. Ovvero un programma di ricapitalizzazione delle banche a livello continentale. La Germania vuole invece che ogni Paese si prenda cura dei propri istituti. Questo approccio potrebbe guadagnare tempo, ma non funzionerà a lungo. Si aggiunga l'allarme lanciato ieri dal quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) secondo il quale la fuga dei capitali dall'Italia mette a rischio la Banca centrale tedesca. Le variazioni negli equilibri del sistema di pagamento integrato europeo Target 2 (Sistema transeuropeo automatizzato di trasferimenti rapidi con liquidazione lorda in tempo reale) possono finire per pesare sulle casse di Berlino. L'esodo dei capitali privati italiani ha infatti subito un'accelerazione, mettendo le banche nostrane nella condizione di dipendere dai prestiti di Bankitalia per le liquidazioni degli investimenti spostati altrove. Tra luglio e settembre i crediti di Bundesbank nei confronti del sistema europeo integrato Target 2 sono cresciuti da 343 a 449 miliardi di euro. Nello stesso periodo i debiti di Bankitalia verso Target 2 sono saliti di oltre 80 miliardi (solo a settembre da 57 a 103 miliardi di euro). Variazioni che avvengono quando i capitali passano dalle banche di un Paese a quelle di un altro. Normalmente tali movimenti vengono compensati sul mercato creditizio privato, che però oggi è bloccato dall'incertezza dovuta alla crisi del debito. Il che costringe gli istituti di credito a finanziarsi presso le banche centrali. Una situazione che espone Bundesbank: in caso di insolvenze nella catena creditizia, le banche centrali legate dal Target 2 devono rispondere della perdita di capitali in misura della quota che detengono nella Banca centrale europea. La Germania, quindi, sarebbe quella che pagherebbe più di tutti in Europa, avverte la Faz. Nel frattempo l'esposizione di Deutsche Bank (il principale istituto tedesco) ai titoli di Stato italiani ammonta a 2,286 miliardi di euro. A fine settembre l'esposizione complessiva all'Italia, inclusi istituzioni finanziarie, aziende e privati, ammontava a 36,517 miliardi. L'esposizione ai debiti sovrani di Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo e Spagna a fine settembre è invece pari a 4,792 miliardi. Quanto alla Francia, che conta come il due di picche, senza il picchiatore tedesco che la difende, il governo ha chiesto alle banche di presentare entro il 15 dicembre «un piano dettagliato» sulla loro ricapitalizzazione. Secondo le stime dell'Autorità europea del settore (Eba), alle big trasnsalpine del credito servono poco più 8 miliardi di euro. Siamo tutti sulla stessa barca. E mentre a bordo si sghignazza del brutto anatroccolo italiano, l'iceberg si avvicina.

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