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Mf global crolla sui bond d'Europa

Un trader rimuove il nome di Mf Global dai titoli di Wall Street dopo il fallimento

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Per i subprime, i mutui concessi a debitori americani poco affidabili, cadde nel 2008 la Lehman Brothers. Un mito della finanza americana fu chiuso per bancarotta con la stessa velocità di un negozio di frutta che non paga i suoi fornitori. Fu la catastrofe. La trasmissione della crisi finanziaria, innescata dal crollo della banca d'affari, all'economia reale fu questione di mesi. L'economia si fermò. Sembrava, allora, che la regolamentazione della finanza speculativa, quella dei prodotti tossici, fosse in testa alle agende politiche di mezzo mondo. Poi nulla. E così nel gran gioco dei soldi facili, dei derivati e delle opzioni, o più semplicemente dell'avidità, c'è cascata un'altra società. Americana, anche questa. E forse non è un caso. Si chiama Mf Global ed è la prima vittima di alto profilo che è caduta sulla crisi del debito dell'Europa. Mf Global ha presentato ieri la richiesta per la bancarotta assistita, mettendo fine in modo «umiliante», così riporta la stampa americana, ai piani del suo amministratore delegato Jon Corzine, ex governatore del New Jersey ed ex amministratore delegato di Goldman Sachs, che puntava a far crescere la società da broker di future a banca di investimento. Corzine ha giocato grosso sul debito dell'Unione Europea. Ha gonfiato i suoi portafogli con un'esposizione monstre pari a 6,3 miliardi di dollari di bond targati Europa, la metà verso l'Italia e almeno un miliardo di dollari verso la Spagna. Una montagna di carta equivalente alla quantità che tutte le banche italiane detengono in bond greci. Avidità e incoscienza. Questi gli unici criteri utilizzati da Corzine nella gestione dei soldi ottenuti dai risparmiatori ancora interessati a partecipare al gran gioco della ruolette dei milionari, nonostante la lezione Lehman, che ha insegnato una sola regola: vincono in pochissimi, perdono sempre quasi tutti. Il manager non ha fiutato che il vento che spirava sui debiti sovrani. E che da questa estate si è trasformato in uno tsunami. Ha comprato e messo in cassa titoli di stato dei paesi che ora più rischiano di cadere sotto il peso degli attacchi speculativi. Ne ha comprati troppi e troppo scadenti. Così le ambizioni di Corzine sono cadute sotto i colpi delle agenzie di rating. Quelle alla quali ascrivere in parte il decollo della crisi finanziaria che sta mettendo in difficoltà non più un solo paese ma l'intera Unione Europea e la sua moneta. L'esposizione della Mf global è stata, infatti, valutata aggressiva e non coperta da capitale sufficiente, oltre a mostrare una mancanza di gestione del rischio. Troppa leggerezza sfociata in un voto che non ammette dubbi: «junk» ovvero spazzatura. Una condanna a morte per la società finanziaria che ha dato vita alla spirale negativa sfociata nella bancarotta. La decisione di far ricorso al Chapter 11, l'equivalente dell'amministrazione controllata nella legislazione italiana, è arrivata al termine di un fine settimana di negoziazioni che sembravano essere orientate verso una soluzione meno turbolenta: MF Global stava trattando la sua vendita a Interactive Brokers Group ma le trattative sarebbero poi naufragate alle prime ore del mattino. Una ripetizione del copione della crisi Lehman. Anche per la banca Usa vi furono trattative per alleanza e aquisizioni fino a un attimo prima del fallimento. Poi gli avidi colleghi banchieri preferirono sedersi al banchetto per dividersi gli avanzi. Il piano allo studio con Interactive Brokers Group prevedeva - secondo indiscrezioni - la bancarotta di MF Global e la successiva acquisizione della società. Questa ipotesi - sempre secondo i rumors di mercato - non è ora più sul tavolo né per Interactive Brokers né per papabili altri acquirenti. MF Global, nei documenti depositati in tribunale, denuncia 41 miliardi di dollari di asset e passività per 39,68 miliardi di dollari. Una cifra che le assegna un triste primato. Quella di entrare nella top-10 delle 10 maggiori bancarotte americane, piazzandosi all'ottavo posto. A farsi male sono comunque colossi del credito mondiale. JPMorgan e Deutsche Bank sono i due maggiori creditori non garantiti, con un ammontare di 1,5 miliardi di dollari di cui 1,2 miliardi di dollari in capo a JPMorgan. J.C. Flowers, il fondo di private equity, rischia di essere uno dei potenziali perdenti nella bancarotta: il fondo ha il 10% di titoli privilegiati di classe A in Mf Global e nei giorni scorsi ha studiato la possibilità di acquistare la società.Ancora una volta in molti si leccheranno le ferite. Ma il gioco ripartirà. Non c'è dubbio.

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