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Serve il senso dello Stato

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Lorenzo Bini Smaghi probabilmente non avrà gradito, parlandone ieri sera anche con il capo dello Stato al Quirinale, neppure il nuovo appello lanciatogli in mattinata dal presidente del Consiglio a dimettersi dal comitato esecutivo della Banca Europea Centrale per ristabilirvi un doveroso equilibrio politico. Consentendo, in particolare, alla Francia di esservi rappresentata ora che il suo Jean Claude Trichet ha concluso il proprio mandato alla presidenza dell'importantissimo istituto, dove sta per insediarsi il governatore uscente della Banca d'Italia Mario Draghi. Egli ripeterà, permaloso come si è già rivelato, che Silvio Berlusconi è tornato a scegliere il mezzo sbagliato per chiedergli una rinuncia e onorare così un impegno assunto con il presidente della Repubblica di Francia Nicolas Sarkozy: la televisione. Per televisione, in effetti, il Cavaliere glielo ha chiesto pubblicamente e ripetutamente in questi giorni: prima, durante e dopo l'ultimo vertice europeo di Bruxelles. Glielo ha chiesto, per esempio, parlando per telefono a "Porta a Porta". E Bini Smaghi, sempre per telefono, particolarmente alla Zanzara di Radio 24, peraltro cadendo goffamente nello scherzo tesogli da un falso Umberto Bossi, ha risposto che "queste cose vanno fatte in modo discreto", dimenticando i precedenti inviti rivoltigli tanto riservatamente quanto inutilmente dal presidente del Consiglio. Dal quale evidentemente Bini Smaghi si attendeva e si attende qualcosa di più concreto, diciamo così, di una richiesta di dimissioni in attesa che maturino per lui nuovi e ugualmente prestigiosi incarichi. "Penso - egli ha detto infatti al finto Bossi - che il presidente Berlusconi troverà una soluzione", difficilmente immaginabile come un invito all'insofferente Sarkozy a starsene calmo e buono con la moglie e la loro bambina appena nata. Tutt'altro che imbarazzato, il presidente del Consiglio non si è lasciato scappare l'occasione offertagli da una intervista di Maurizio Belpietro, a Canale 5, per ribadire ieri di "confidare nel senso dello Stato e del dovere di responsabilità" di Bini Smaghi per uscire da "questa situazione spiacevole che si è creata, e della quale il governo non ha alcuna responsabilità, al più presto". Se non entro questa settimana, cioè domani, come qualcuno ha detto a Parigi di aspettarsi, almeno nella prossima, o poco più avanti. Di nobile famiglia, Bini Smaghi a questo punto è chiamato a dissipare l'impressione che la sua nobiltà possa zoppicare. Non la può onorare solo presiedendo, come fa dal 2006, la Fondazione Palazzo Strozzi della sua Firenze. Berlusconi non ha torto a ricordargli, come ha fatto, che egli non ha vinto ad un concorso il posto che ha a Francoforte nel comitato esecutivo della Banca Centrale Europea ma vi è arrivato con una designazione del Governo -con la maiuscola- del suo Paese- con la maiuscola pure questo- per cui deve ritenersi moralmente e civilmente obbligato ad una rinuncia quando le circostanze lo impongono. A tal punto lo impongono che egli ha dovuto salire ieri al Quirinale dal presidente della Repubblica. Il quale ha aggiunto le sue alle sollecitazioni del presidente del Consiglio, rinunciando forse ad una tentazione di non riceverlo che, se gli fosse veramente venuta nei giorni scorsi, si sarebbe potuta e si potrebbe comprendere, avendogli Bini Smaghi inviato una lettera a dir poco inopportuna di sostanziale sponsorizzazione di una propria candidatura al vertice della Banca d'Italia. Erano i giorni in cui si faceva anche il suo nome per la successione a Mario Draghi nella carica di governatore e il presidente del Consiglio non aveva ancora deciso di puntare sulla soluzione interna di Ignazio Visco. Ben prima del libro "Il paradosso dell'euro- Luci e ombre 10 anni dopo", pubblicato nel 2008 da Rizzoli, Bini Smaghi ne ha scritto uno nel 2000, per le edizioni del Mulino, di Bologna, su "Chi ci salva dalla prossima crisi finanziaria?". Appunto, egli deve ora evitare, con la sua rinuncia, che la crisi finanziaria in corso in Europa, e non solo in Europa, sia complicata per sua colpa da una crisi politica nei rapporti fra la Francia e l'Italia sulla composizione del comitato esecutivo della Banca Centrale Europea. Che è peraltro impegnata a sostenere nei mercati i titoli del nostro debito pubblico.  

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