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Tremonti perde il treno per l'Ue

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Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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«Where is Giulio?», si chiedono a Bruxelles. Non si tratta di nostalgia per il nostro ministro dell'Economia. Ma di curiosità. Perché la lettera all'Unione Europea presentata da Berlusconi mercoledì di tremontiano ha ben poco. E non è soltanto una questione di firma. I boatos dal Tesoro riferiscono commenti acidi del padrone di casa: «Quella lettera non è mia, facciano come vogliono», raccontano abbia detto Tremonti dopo aver letto il documento elaborato a palazzo Grazioli. Documento troppo ambizioso per mantenere le promesse fatte. «Ricostruzioni fantasiose», ha subito smentito un portavoce del ministro. E ieri, alcuni suoi stretti collaboratori, hanno aggiunto che «Giulio è abbastanza soddisfatto». Non solo perché la lettera di intenti inviata dal premier ha convinto l'Europa ma anche perché da parte del presidente del Consiglio, e quindi del governo, è stata confermata «la linea del rigore e della serietà». A via XX Settembre respingono al mittente tutti i sospetti di frizione tra Tremonti e il premier. Le posizioni, fanno notare dal suo staff, coincidono e, a parte qualche momento di divergenza di vedute, che nessuno chiaramente nega, coincidono da molti anni. Distanze? Tremonti ha incontrato faccia a faccia Berlusconi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta almeno quattro volte, fanno notare, prima che il documento del governo italiano fosse inviato a Bruxelles. E il ministro avrebbe seguito, da Roma, passo passo i lavori del Consiglio europeo. Se non c'è la sua firma sulla lettera è perché non doveva esserci e comunque il lavoro fatto da Tremonti all'Ecofin e all'Eurogruppo era preparatorio a questo pacchetto di impegni assunti dall'Italia. Certo al Tesoro non nascondono che ora arriverà il momento più duro, quello dell'attuazione di norme molto impegnative, a partire da quelle sul mercato del lavoro o sulle pensioni. Il ministro avrebbe sottolineato che ora davvero serve la collaborazione e la coesione da parte di tutti. Tremonti ha anche confermato per il fine settimana il suo impegno Aspen a Venezia, dove si parlerà dell'economia globale, di governance, tra Europa, Usa e Cina, mentre la prossima settimana l'appuntamento centrale sarà a Cannes, in Francia, dove si terrà il G20. E dove soprattutto Berlusconi e Tremonti saranno insieme. A ridare smalto a Tremonti ci ha pensato anche il collega del Welfare, Sacconi, che ospite di Uno Mattina ha assicurato che la lettera è stata “frutto di un lavoro collegiale, come è doveroso che fosse, e non poteva che essere il presidente del Consiglio a firmarla, d'accordo con il ministro dell'Economia”, respingendo quindi «il solito gioco sui presunti dissapori interni». Intonare il de profundis politico per il ministro dell'Economia sarebbe, dunque, prematuro. Sarà. Ma una volta registrate smentite e accorate precisazioni, resta il contenuto della lettera all'Ue dove c'è un accenno al piano tremontiano Eurosud per spendere i fondi inutilizzati destinati al Mezzogiorno, ma anche un ceffone al ministro: «L'utilizzo del Fondo per esigenze indifferibili sarà vincolato all'accertamento, nel giugno del 2012, di andamenti dei conti pubblici coerenti con l'obiettivo per l'indebitamento netto del prossimo anno». Tradotto: «Caro Giulio, se non riesci a far quadrare i conti, i 2,4 miliardi del fondo che ti sei costruito a uso discrezionale verranno requisiti per tappare i buchi che hai lasciato». Restano anche le parole dell'ultraberlusconiano Giorgio Stracquadanio che domenica nel dibattito di Omnibus su La7 ha rivelato un'idea che circola all'interno del Popolo della libertà (Pdl), negli ambienti che fanno riferimento al sottosegretario Guido Crosetto: presentare una mozione di sfiducia per far fuori Tremonti. Resta anche l'atteggiamento quasi rassegnato di Tremonti alla Giornata del Risparmio, dove ha invece tenuto banco un Mario Draghi disinvolto e rampante. Il ministro, del resto, sembra avere le mani legate anche sul decreto sviluppo, che sarà una cosa diversa dal previsto dopo la lettera a Bruxelles, e che scalda invece le scrivanie di Brunetta e Romani, con la consulenza di Calderoli. Anche i suoi fedelissimi paiono più sbiaditi, come il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli che dopo aver perso la partita per Bankitalia - dicono i rumors – starebbe preparando le valigie per un futuro in una banca d'affari. Si aggiungano i colpi all'immagine personale: dopo il caso Milanese, l'inchiesta sulla presunta frode da 245 milioni di Unicredit incidentalmente avallata dallo studio fiscale da cui Tremonti si è dimesso per fare il ministro e in cui è rientrato subito dopo. Come la notizia che il suo nuovo libro dovrebbe uscire per Marsilio anziché per Mondadori alimenta le chiacchiere al bar del Tesoro.

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