Un deficit di potere

Battuta fulminante di un vecchio amico: «Bini Smaghi è la poltrona». Lo strano caso del fiorentino che siede al vertice della Bce sta diventando un mistero buffo. Sarkozy gli chiede di andarsene. La Germania non vede l’ora di levarsi di torno il problema. Berlusconi gli prepara il foglio di via. Napolitano lo riceve addirittura al Quirinale. E lui che fa? Perbacco, resta. In fondo gli chiedono di levare le tende solo tre leader europei e un presidente della Repubblica, quisquiglie per uno gnomo della finanza. Da sempre penso che l’autocrazia irresponsabile sia pericolosa e il governo dell’Europa sia una cosa troppo seria per essere lasciato alle banche, insomma come la guerra non può essere affidata ai generali, l’economia non può essere affidata agli economisti. Serve la politica, l’unica arma che può risolvere i conflitti. Non c’è solo un deficit contabile, ma un deficit di potere. Fatta l’Europa monetaria, ci siamo dimenticati di fare quella dei popoli, delle nazioni. È una cosa ovvia che si tende a dimenticare. Ma l’affaire Bini Smaghi è la metafora di questa incredibile impotenza della politica. Chi ha nominato Bini Smaghi? I nuovi scienziati della politica internazionale lo chiamano il problema della sovranità. Io che scienziato della politica non sono mi limito a dire che è un problema di comicità. Mezza Europa pende dalle labbra di questo signore: «Resto o non resto, questo è il dilemma?». Solo che lo scrittore non è Shakespeare e il dramma non è l’Amleto. Siamo in un territorio che sarebbe degno di Achille Campanile in italiano, e Jerome K. Jerome in inglese. Il problema è che qui non ci sono tre uomini in barca, ma l’Europa su un canotto. Bucato. Ora, in questa situazione, anche Berlusconi forse dovrebbe essere un po’ più cauto. Fa bene a chiedere le dimissioni di Bini Smaghi, ma al suo posto sarei ben più prudente nel dire che l’euro non ha convinto. È certo una verità, ma dovrebbe tenerla per sé mentre la Bce compre i nostri titoli di Stato. In questo incredibile guazzabuglio perfino Napolitano rischia di fare una fatica di Sisifo: lui fa, tesse la tela la mattina e gli altri la sera la disfano. Lui fa politica, gli altri no. Parafrasando il divo Giulio: la politica logora chi non la fa.