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Berlusconi, Draghi e Napolitano riescono a convinvere l'Europa

Il premier Silvio Berlusconi con il governatore di Bankitalia Mario Draghi

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Silvio Berlusconi, Mario Draghi, Giorgio Napolitano. Alla fine la «triplice» ha funzionato. Il Cavaliere ha presentato in tempo la lettera d'intenti a Bruxelles e ha incassato la promozione dell'Europa sul piano per rilanciare la crescita e blindare i conti pubblici. Le istituzioni e i partner Ue hanno accolto con favore il piano italiano, pur ammonendo che vigileranno con attenzione sulla sua applicazione. Obiettivo raggiunto grazie alla mediazione dell'ex governatore di Bankitalia e oggi numero uno della Bce. Perché in quelle diciassette pagine frutto di una certosina mediazione con le istituzioni comunitarie, anche Draghi ci avrebbe messo del suo, probabilmente chiedendo le scadenze dei vari provvedimenti elencati dal governo (tanto che la missiva è stata ritoccata all'ultimo momento) così come sarebbe stato lui stesso a fissare alcuni ambiti d'azione. L'asse inedito Berlusconi-Draghi ha ricevuto anche la benedizione di Napolitano che ha seguito tutto da lontano ma non con indifferenza. Che ha sottolineato come «per superare la crisi servano ricette impopolari» (un assist a Silvio?) e che nel pomeriggio di mercoledì da Bruges ha ricordato come «nessun singolo Paese europeo, nemmeno il più grande ed efficiente», possa «salvarsi da solo e svolgere con le sue sole forze un ruolo più significativo». Con il risultato che il premier può tirare un sospiro di sollievo. Ce l'ha fatta a convincere i partner: «La posizione italiana è stata apprezzata da tutti all'interno dell'Eurogruppo sia per i tempi sia per i provvedimenti, giudicandoli efficaci per contrastare la situazione», ha commentato a caldo il Cavaliere. L'endorsement di Draghi è inoltre servito a non chiudere i rubinetti dell'Eurotower per l'acquisto di titoli pubblici italiani e spagnoli. Gli oppositori attaccano sui ritocchi dell'ultimo minuto alla missiva del premier e parlano di commissariamento dell'Italia, dimenticando però che ad essere commissariata è l'intera Europa. Sarkozy e Merkel compresi. I quali ridono per non piangere: il primo sulle sue banche strapiene di debito ellenico e la seconda sull'impellente necessità di trasformare l'Efsf in un'assicurazione per far felici Allianz e Deutsche Bank e salvare banche e assicurazioni. Nicolas e Angela sanno anche bene, che se cade l'Italia tutti vanno giù per terra. La crisi dei debiti sovrani e delle banche sposte diventerebbe insostenibile anche per i Paesi che si sentono di serie «A». Impossibile abbandonarci al nostro destino. Se la vittoria del concerto istituzionale, del lavoro corale fra l'asse Berlusconi-Napolitano-Draghi e gli euroburocrati, ha davvero funzionato lo si vedrà nel tempo. Certo, le reazioni delle Borse ieri sono state euforiche: Parigi ha segnato un +6,28%, in spolvero anche Francoforte (+5,35%), Madrid (+4,96%), Londra (+2,89%) e anche Piazza Affari dove l'indice Ftse Mib ha messo a segno un progresso del 5,49 per cento. Sui listini si è dunque brindato all'accordo uscito dal vertice europeo per affrontare la crisi del debito della zona euro. Il potenziamento fino a 1.000 miliardi di euro del fondo salva Stati Efsf e l'intesa con le banche per il taglio del 50% dei crediti verso la Grecia sono stati il motore del rally delle Piazze del Vecchio Continente, che da tempo aspettavano un intervento forte. E la corsa di Wall Street, che ha visto confermate le attese sulla crescita del Pil, ha fornito altra benzina allo sprint di tutti i mercati azionari. Si è rafforzato anche l'euro, salito sopra quota 1,40 dollari, mentre più cauti sono apparsi i mercati dei titoli di Stato con gli spread, rispetto ai Bund tedeschi, solo in parte ridimensionati. Il differenziale del rendimento del Btp sul Bund si è assestato, per esempio, sui 366 punti base. Ma i mercati non si accontenteranno delle promesse se non vi seguiranno i fatti. E l'esame delle riforme deve essere ancora superato. L'Unione europea resterà «vigile» e incalzerà sul calendario: la tempistica recapitata dal Governo di Roma deve essere rispettata alla lettera. Insomma non è un finale di partita ma almeno l'Italia – e con essa l'Europa – restano in gioco.

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