Sarkozy teme che l'Ue esploda
La storia della crisi dell'euro ha una strana assonanza con le grandi navi della storia europea. Se la testardaggine della Germania nel difendere la forza dell'euro ricorda la presunzione teutonica nel considerare inaffondabile la Bismarck, puntualmente mandata a picco dagli inglesi, oggi i capi di governo e di stato giunti a Bruxelles per il vertice che doveva essere definitivo nella risoluzione della crisi greca, assomigliano agli orchestrali del Titanic, orgoglio della marina mercantile britannica, che continuarono a suonare anche quando il naufragio era l'unico destino rimasto. Insomma il nodo politico per la soluzione di una crisi che si trascina ormai da mesi e che sta minando le stesse fondamenta della casa europea, invece di essere risolto, rischia di diventare un groviglio inestricabile. I segnali con i quali i capi di Stato arrivano al vertice, che in realtà è una prosecuzione del summit di domenica scorsa, non sono incoraggianti. Prima lo slittamento dell'Ecofin, la riunone dei ministri finanziari, previsto nella stessa occasione, a data da destinarsi. A loro spetterà solo la fase di rifinitura tecnica delle decisioni politiche ma il fatto che non vi sia certezza sul loro prossimo incontro non rassicura certo i mercati. A questo si aggiunge lo stato d'animo del presidente francese Nicolas Sarkozy che secondo il sito di Les Echos nel corso di una colazione con alcuni rappresentati dell'Ump avrebbe detto: ««L'Europa non è mai stata così vicina all'esplosione». Per la Francia si apre una «partita essenziale» e l'appuntamento di domani (oggi) è una «priorità assoluta» ha scandito Sarkozy. Da parte sua, nel corso di una riunione con i deputati dell'Ump, il premier Fillon ha anche insistito sulla necessità di «mantenere il sangue freddo» di fronte a questa «situazione preoccupante». «Le previsioni di crescita dipendono in gran parte dal summit di domani» a Bruxelles, ha concluso il premier. Si tratta insomma dell'ultima tappa per l'Europa, dell'ultima spiaggia per l'Eurozona. L'asse franco-tedesco presenterà l'arsenale anti-crisi che le è costato decine di consigli e summit straordinari, litigi furiosi tra Paesi, ultimatum dalle istituzioni. Ma oggi tutto dovrebbe risolversi, o almeno questa è l'aspettativa: le banche saranno ricapitalizzate, il fondo salva-Stati avrà una forma, le banche esposte in Grecia accetteranno le perdite imposte dalla Ue. Uno scenario troppo ottimista, secondo gli analisti, che non coincide con le voci di queste ultime ore di frenetiche trattative. I nodi restano. Sul Fondo Salva Stati Efsf, ad esempio, che è il recinto che impedirà alla crisi dei debiti di espandersi anche all'Italia, ha detto Jean Claude Juncker, e deve però aumentare la sua potenza di fuoco perché oggi è dotato solo di 440 miliardi di euro. Le ultime ipotesi vedono la nascita di un nuovo strumento ad hoc «Special purpose investment vehicles» (Spiv) per aumentare la capacità attraendo investimenti stranieri e fondi Fmi, oltre a quelli dell'Efsf. Ed è in atto una trattativa tra Germania e Francia: in cambio della rinuncia a coinvolgere la Banca centrale nel fondo, Parigi ha chiesto che nelle conclusioni del vertice sia inserita l'assicurazione che la Bce continuerà con gli acquisti straordinari di bond (italiani e spagnoli) che ha riattivato da agosto. Ma la Germania si oppone. Inoltre, il timore per i mercati è che il vertice non farà cifre sull'aumento dell'Efsf. Sul tavolo, irrisolto finora, resta anche il tema delle perdite delle banche in Grecia. È la condizione che la Ue vuole imporre agli investitori privati, per farli partecipare al secondo piano salva-Grecia. Si tratta su una forchetta che va dal 40 al 60% di perdite sui titoli greci, con la Germania che preme per il 60% e le banche che non vorrebbero superare il 40%. Si tratta sempre di una partecipazione «volontaria», ma la Ue ha fatto capire che non esiterebbe anche a renderla obbligatoria. Al momento, la trattativa condotta dal direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, in qualità di capo del Comitato economico e finanziario (Cef), si starebbe assestando sul 55%. Ma non è chiaro se le banche accetteranno, ne se perdite così alte non facciano scattare il default e quindi il pagamento dei cds, ovvero le assicurazioni sul debito, che scatenerebbero un effetto domino sulle banche. Infine la ricapitalizzazione delle banche che in teoria, è un nodo già sciolto dai ministri economici venerdì scorso. In pratica, la cifra della ricapitalizzazione è ancora tutta da vedere perché è strettamente collegata a quella delle perdite degli istituti in Grecia. A dover trovare nuovi capitali sarebbero le grandi banche europee «sistemiche», e i loro coefficienti patrimoniali dovrebbero salire al 9%. Dovrebbero provvedere da sole a trovare nuovi capitali, in seconda battuta potrebbero intervenire i governi e solo in ultima istanza potrebbero ricorrere al fondo salva-stati. Insomma a Bruxelles oggi si gioca un pezzo di credibilità dell'Europa. E i mercati ieri hanno avuto fibrillazioni non rassicuranti. Hanno prevalso le vendite sui principali listini europei. Le peggiori sono state Parigi (-1,4%) e Zurigo (-1,3%), ma non se l'è cavata bene neppure Milano (-1%). Più cauta Francoforte (-0,1%), che ha tenuto più a lungo delle altre, mentre Atene (+1,2%) è rimbalzata.