Ferrara ride in faccia al Sarkò-bullo
Povero Nicolas Sarkozy. Neanche la sua terza moglie, dai natali sabaudi, è stata in grado di insegnargli un po' di italica saggezza. Altrimenti avrebbe saputo, il presidente, che «chi presto ride, presto piange» e che comunque, «ride bene chi ride ultimo». Ci ha pensato Giuliano Ferrara a ricordarglielo organizzando una «scanzonata e irriverente» manifestazione davanti all'ambasciata francese a piazza Farnese. Una risposta ironica a quel sorrisetto con cui Nicolas, domenica a Bruxelles con Angela Merkel, aveva scatenato la risata della platea lasciando intendere più di una perplessità sull'affidabilità del governo italiano e di Silvio Berlusconi. Così il direttore del Foglio ha deciso di organizzare una «contro-risata». Lo ha fatto a modo suo. Su un camion addobbato con tricolori francesi, con le note di Charles Trénet a fare da sottofondo musicale, con risate finte trasmesse in filodiffusione, ballando un valzer sulle note di «Que reste-t-il de nous amours» assieme al sottosegretario Daniela Santanché e ad una signora del pubblico, ironizzando sulla strana somiglianza tra Sarkò e il comico francese Louis de Funès. Ma soprattutto lo ha fatto ricordando a monsieur le president che non può certo permettersi di fare il «bullo». «C'è poco da ridere - ha ricordato Ferrara davanti a un centinaio di persone - quando si hanno in pancia quasi 200 miliardi di euro di titoli greci e quasi 400 di bpt italiani. Noi siamo un popolo che ha molti difetti, ma i nostri debiti siamo abituati a pagarli e così faremo anche questa volta. È il caso di ricordare che l'Italia ha un avanzo primario da Paese primo della classe ed è bene non dimenticare che la Francia ha un debito più elevato del nostro». E comunque Sarkò dovrebbe ricordare che, mentre l'Italia «ha ereditato un grande debito pubblico», lui ha ereditato «un capolavoro istituzionale come la Quinta repubblica di De Gaulle». Basterebbe questo per chiudere, con «scanzonata ironia», la querelle del «ride bene chi ride ultimo», ma alle finestre dell'ambasciata fa capolino qualche curioso, qualcuno esce dal portone e si mischia alla folla, e poi c'è da aspettare l'ex ministro Antonio Martino che ha annunciato la propria presenza ma è bloccato alla Camera per votazioni. Così Ferrara va avanti dritto come un treno. Ricorda la generosità italiana («abbiamo trovato casa ai francesi in un posto molto bello»), ricorda che da 2000 anni Roma ospita una «cattedra ben più importante di quella di Bruxelles», e che Silvio Berlusconi, pur potendo «fare di più», deve fare i conti con le «ubbie della signora Marcegaglia e dalle signora Camusso», in «un Paese che si sputtana in Europa con le intercettazioni». Senza contare che la Francia, invece di Repubblica, ha un giornale come «Le Monde, che oggi (ieri ndr) scrive che il governo e il partito socialista sono corresponsabili nell'affrontare la crisi». E comunque, per dirla tutta, qual è l'alternativa al Cavaliere? «Non è credibile né un governo Monti - replica Ferrara -, né un governo Casini, né un governo Bersani-Di Pietro-Vendola». Insomma, Nicolas deve smetterla di fare il «bullo», mentre noi dobbiamo smetterla di «avere la sindrome della brutta figura quando andiamo all'estero. Se riformeremo le pensioni, lo faremo perché è un nostro problema. Con, prima e dopo Berlusconi, l'Italia manterrà intatte le sue grandi qualità. Chiediamo che siano rispettate, niente di più e niente di meno». E mentre Santanché rivendica «l'orgoglio di essere italiani», Ferrara invita a ridere, cantare e ballare, perché «è il nostro modo di chiedere rispetto delle nostre qualità». La musica di Trenét riempie la piazza. Martino arriva quando il direttore del Foglio se ne è andato e attacca: «Sarkozy ride perché sente avvicinarsi la sua fine». Il ministro Giorgia Meloni applaude l'iniziativa «fogliante». In fondo, gli italiani lo sanno bene, «il buon riso, fa buon sangue».