«Dobbiamo farcela da soli»
Irischi di un indebolimento ulteriore delle prospettive di crescita sono significativi, in un contesto di forte incertezza. L'aggravarsi della crisi ha una dimensione mondiale ed europea, ma la particolare vulnerabilità dell'Italia ha radici nazionali: l'alto livello del debito pubblico, i dubbi sulle prospettive di crescita della nostra economia, le incertezze e i ritardi con cui si provvede alla correzione degli squilibri e alle misure di rilancio della crescita. Il rendimento lordo dei BTP decennali, dopo essersi ridotto in agosto, è tornato su livelli molto elevati (ieri superava il 5,9 per cento). Dopo sei mesi di sostanziale ristagno, nel secondo trimestre di quest'anno il prodotto in Italia è tornato a crescere, ma a un ritmo molto modesto. Le vendite all'estero, che pur continuano a sostenere l'attività economica, risentono del minor vigore della domanda mondiale. Nei sondaggi le imprese segnalano un indebolimento delle prospettive a breve termine e un deterioramento dei giudizi sulle condizioni per investire. Sulla domanda interna pesano la debolezza del reddito disponibile delle famiglie, la lenta ripresa dell'occupazione, la stessa incertezza sulle prospettive dell'economia. I principali previsori hanno rivisto al ribasso le aspettative di crescita per il prossimo anno; secondo il Fondo monetario internazionale sono appena positive. L'Eurosistema è determinato, con le sue misure non convenzionali, a evitare che i malfunzionamenti sui mercati monetari e finanziari ostacolino la trasmissione monetaria. Con l'ampia erogazione di fondi e le modalità di aggiudicazione nelle operazioni di rifinanziamento continuiamo ad assicurare che le banche non siano vincolate dal lato della liquidità. Abbiamo annunciato un programma di acquisti di covered bonds. Tutte le misure non convenzionali adottate in risposta alle tensioni finanziarie sono, per loro natura, temporanee. Resta essenziale assicurare la stabilità dei prezzi, ancorando le aspettative inflazionistiche nell'area dell'euro in linea con l'obiettivo di mantenere l'inflazione al di sotto ma prossima al 2 per cento nel medio termine. Gli interventi impediscono l'aggravarsi degli squilibri; non sono in grado da soli di risolverne le cause di fondo. A livello europeo, è urgente darsi una governance in cui disciplina di bilancio e solidarietà trovino reciproco supporto; è necessaria inoltre l'immediata attuazione degli strumenti di sostegno finanziario per la gestione della crisi. Ma senza una risposta risolutiva e duratura che venga da adeguate politiche nazionali, che promuovendo la crescita rimuovano gli squilibri delle finanze pubbliche, il primo obiettivo non è raggiungibile, il secondo è un palliativo. L'opera iniziata con il primo rapporto del Financial Stability Board nell'aprile del 2008 è andata avanti proficuamente. Molto è stato fatto sia sul piano dell'attuazione, sia del disegno della nuova regolamentazione. Occorre ora continuare con il recepimento delle nuove regole nei vari ordinamenti. Il coordinamento internazionale è stato un fattore chiave per imprimere slancio all'azione di riforma della finanza internazionale; resta cruciale per la sua attuazione. Il contributo dei leader del G20 è stato fondamentale. A coronamento di questo processo, il FSB presenterà al prossimo summit di novembre del G20 a Cannes precise raccomandazioni sulle istituzioni finanziarie sistemicamente rilevanti, sui limiti imposti al «sistema bancario ombra», sulla riduzione del rischio sistemico relativo all'operatività in derivati over-the-counter. Le banche italiane Le banche italiane devono fronteggiare l'impatto del rischio sovrano sul funding, sul valore delle garanzie offerte per il rifinanziamento, sul loro mercato dei capitali. Ma l'esposizione delle nostre banche verso Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna è modesta, circa l'1 per cento del totale delle attività del sistema. È significativo l'investimento in titoli pubblici italiani. La situazione di liquidità a breve termine delle banche, pur mantenendosi nel complesso bilanciata, risente del persistere delle tensioni, in particolare sui mercati all'ingrosso dove l'attività di provvista ha fortemente rallentato dall'estate. La Banca d'Italia continua a richiedere alle banche di mantenere posizioni di liquidità equilibrate: queste posizioni sono sottoposte, con cadenza settimanale, a un attento monitoraggio da parte della Vigilanza. Il tasso di crescita dei prestiti bancari a famiglie e imprese, pur in diminuzione, si è mantenuto in agosto su valori superiori a quelli all'area dell'euro. In settembre la crescita sui tre mesi è stata pari al 3,9 per cento in ragione d'anno. I sondaggi presso le imprese mostrano tuttavia un irrigidimento dei criteri di erogazione dei prestiti e difficoltà crescenti di accesso al credito. Anche secondo l'indagine sul credito bancario condotta dall'Eurosistema emergono segnali di un inasprimento delle condizioni di offerta di credito delle banche italiane, limitata per ora alla richiesta di rendimenti più alti. Elevate dotazioni di capitale permettono di fronteggiare il peggioramento ciclico, di contenere il costo della raccolta sui mercati. In più occasioni abbiamo insistito affinché le banche realizzassero aumenti di capitale. La risposta è stata finora pronta e confidiamo che così sarà anche in futuro. A livello europeo è previsto che i maggiori intermediari si dotino di adeguati buffer di capitale di elevata qualità entro la metà del prossimo anno. L'ammontare è determinato per ciascuna banca tenendo conto dell'esposizione al rischio sovrano. La richiesta di coefficienti patrimoniali temporaneamente più elevati è necessaria per fronteggiare le attuali preoccupazioni degli investitori, con benefici per la raccolta delle banche sui mercati all'ingrosso. Le nostre banche sono in grado di rispondere a questa nuova sfida. Abbiamo piena fiducia che, come in passato, le Fondazioni di origine bancaria sapranno farsi carico delle responsabilità che ricadono su di loro. Qualora necessario, saranno individuate e tempestivamente rese operative adeguate misure di backstop. Le difficoltà che il sistema bancario italiano si trova oggi a fronteggiare hanno origine al di fuori di esso. I problemi nel medio e lungo termine possono essere risolti alla radice solo aumentando il potenziale di crescita dell'economia italiana nel suo complesso e agendo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche. Occorre dare piena e rapida attuazione alla manovra di settembre, in particolare definendo e realizzando rapidamente il previsto programma di revisione della spesa pubblica. Il risparmio e i giovani La capacità di risparmio è una risorsa storica dell'economia italiana. Nel 2010 la ricchezza netta delle famiglie era pari a oltre 8 volte il reddito disponibile, a fronte di valori inferiori, talora significativamente, degli altri principali paesi avanzati. Per l'Italia, il rapporto muta solo marginalmente se dalle attività si escludono i titoli di Stato detenuti direttamente o indirettamente dalle famiglie. La ricchezza accumulata riflette però i risparmi del passato; se non è alimentata da nuovi flussi viene intaccata in tempi brevi. Non mancano rischi in tal senso. Dall'inizio dello scorso decennio la propensione al risparmio è scesa di circa 4 punti percentuali, attestandosi nel 2010 al 12 per cento del reddito, un valore di quasi 2 punti inferiore al dato dell'area dell'euro. La flessione è stata più accentuata nei nuclei appartenenti alle classi meno abbienti che, a fronte della stagnazione del reddito disponibile, hanno più difficoltà a comprimere i consumi di beni e servizi essenziali. Secondo l'ultimo sondaggio sugli Italiani e il Risparmio promosso dall'ACRI, solo il 13 per cento delle persone intervistate spera oggi di riuscire a risparmiare di più nel prossimo anno, il valore più basso mai registrato nella rilevazione. La riduzione del tasso di risparmio è dovuta in parte al progressivo invecchiamento della popolazione. È accentuata non solo dal minor peso delle generazioni più giovani, ma anche dalle loro diminuite capacità di risparmio. Il peggioramento delle condizioni retributive all'ingresso nel mercato del lavoro, non compensato da una più rapida progressione salariale nel corso della carriera lavorativa, ha contribuito a contrarre la propensione al risparmio dei nuclei con capofamiglia giovane. Tra i giovani è aumentata la quota di famiglie con risparmio nullo o negativo; è salita al 32 per cento nel 2008 tra i nuclei con capofamiglia di età inferiore a 35 anni, dal 26 per cento nel 2000. Anche l'accresciuta instabilità dei redditi condiziona le opportunità e le scelte di risparmio dei più giovani. In assenza di una redistribuzione più equa delle risorse fra le diverse generazioni, rispetto al passato i giovani dovranno contribuire in misura maggiore alle finanze pubbliche. Nel 1990, per un trentacinquenne, l'incidenza sul reddito delle imposte e dei contributi sociali, calcolata sull'arco della sua vita residua e al netto del valore delle prestazioni sociali, era pari a meno del 20 per cento; per un trentacinquenne di oggi supera il 25 per cento. Sull'aumento influisce l'eccessiva lentezza nelle modalità del passaggio al metodo di calcolo contributivo per le pensioni; le generazioni relativamente più anziane sono state colpite in misura più limitata. La crisi ha acuito soprattutto le difficoltà economiche dei più giovani. Tra il 2007 e il 2010 il tasso di disoccupazione è aumentato di quasi 7,6 punti percentuali nella classe di età 15-24 anni (quasi 3 punti in più che nella media UE15); di 3,6 punti nella classe 25-34 anni e di 1,8 punti nella classe 35-64 anni. Vi ha contribuito l'accentuato dualismo del nostro mercato del lavoro; in caso di perdita dell'occupazione i nostri giovani sono poco protetti dagli strumenti esistenti di sostegno al reddito. Ridurre la segmentazione oggi esistente nel mercato del lavoro e rendere più universali, oltre che più efficaci e rigorose, le tutele fornite riequilibrerebbe le opportunità occupazionali e le prospettive di reddito, oggi fortemente sbilanciate a favore delle generazioni più anziane. Un contratto con protezioni crescenti nel tempo, l'introduzione di un moderno sistema di sussidi di disoccupazione, renderebbero il mercato del lavoro più fluido ed efficiente, oltre che più equo; ben disegnate, misure di tale tipo potrebbero anche favorire i livelli della partecipazione al mercato del lavoro. Ne beneficerebbe anche la propensione verso forme di risparmio più orientate sul lungo termine, che, opportunamente convogliate, potrebbero a loro volta facilitare la nascita e lo sviluppo di imprese nuove e a più alto potenziale innovativo. Le riforme per la crescita Le politiche che sospingono la crescita e il dinamismo economico accrescono le opportunità dei giovani. Allo stesso tempo, le iniziative necessarie per imprimere nuovo impulso allo sviluppo fanno leva sui giovani, allentando i vincoli che ne limitano il contributo. Rimuovere gli ostacoli all'attività economica abbattendo i costi di apertura e di gestione delle nuove imprese accresce la partecipazione economica delle nuove generazioni. Le nuove imprese, quelle cui gli economisti guardano con speranza sia per l'elevato potenziale innovativo sia per la capacità di stimolo dell'efficienza altrui, sono in prevalenza dirette da imprenditori con meno di 40 anni; esse tendono ad impiegare lavoratori più giovani. Ma saranno più competitive e dinamiche solo in presenza di un adeguato grado d'istruzione della forza lavoro, un fattore fondamentale di crescita in una «economia basata sulla conoscenza». Nel breve periodo un sostegno alla crescita può provenire da azioni di tipo macroeconomico. La composizione del prelievo fiscale può essere modificata, trasferendone il peso dalle imposte e dai contributi che gravano sul lavoro e sull'attività produttiva all'imposizione sulla proprietà e sul consumo. Ma un rilancio duraturo della crescita sostenibile passa soprattutto per le riforme strutturali da tempo invocate, in larga parte condivise ma tuttora inattuate: elevare la concorrenza nei mercati dei prodotti, in particolare nei servizi; costruire un contesto amministrativo e regolatorio più favorevole alle attività d'impresa; sospingere l'accumulazione di capitale fisico ed umano; innalzare i livelli di partecipazione al mercato del lavoro. Esse comportano una sostanziale ridefinizione delle priorità e del modus operandi delle politiche e delle amministrazioni pubbliche. Non possono trascurare, sotto la pressione di questo o quell'interesse costituito, singoli ambiti. Ben disegnate e ben Comunicate, possono esplicare i loro effetti propulsivi sin da subito, migliorando la fiducia e le aspettative degli operatori, innalzandone la propensione a investire, riducendo gli spread sul nostro debito pubblico.