"Avanti fino al 2013" e l'Ue gli dà una mano

Silvio Berlusconi si blinda per i prossimi otto mesi. O almeno ci prova. E di sicuro incassa una bella boccata d'ossigeno fino a fine anno. Farlo cadere, sino al 2012, sarà forse più difficile. Il Cavaliere, nella lettera inviata alla commissione europea, ha fissato una serie di termini e scadenze. Ha inserito alcune date entro le quale varerà provvedimenti decisivi. Se il piano dovesse ricevere il pieno appoggio anche del Consiglio d'Europa, l'Italia sarà occupata a rispettare gli impegni. Traduce un fedelissimo di Berlusconi: «Chi metterà in difficoltà il governo o peggio chi sta pensando di farlo cadere dovrà poi assumersi la responsabilità di spiegarlo in sede comunitaria. E poi spiegarlo al Paese». Paradossalmente è stata proprio la Commissione Europea, via Mario Draghi, a dare una mano al Cav. Nella prima versione della lettera, inviata nella sera di martedì, il premier non aveva inserito alcuna data. Si era mantenuto sul generico. È stata invece la Ue a chiedere di «presentare urgentemente un ambizioso calendario» per le riforme annunciate. Per questo è stato inserito il paragrafo «b» che potrebbe diventare quasi un'assicurazione sulla vita dell'esecutivo. In quelle righe infatti sono state inserite le direttrici lungo le quali Berlusconi intende procedere fino a maggio 2012. Il piano d'azione dovrà essere definito entro il 15 novembre. Non tutte le date hanno la stessa importanza, com'è ovvio che sia. Nel timing viene fissata alla fine dell'anno la scadenza entro cui attuare i decreti attuativi della riforma universitaria. Uguale data, il 31 dicembre, per un provvedimento che in sede continentale è invece considerato di fondamentale importanza: quello che riguarderà le misure a sostegno dell'impresa e della innovazione. Il governo annuncia che prima della fine del 2011 sarà utilizzata la leva fiscale per agevolare la capitalizzazione delle aziende con meccanismi di deducibilità del rendimento del capitale di rischio. Sei mesi di tempo per la semplificazione amministrativa. A sostenerlo è anche Draghi quando in serata commenta: «Con la lettera d'intenti a Bruxelles il governo italiano ha compiuto un passo importante, ma le riforme strutturali, quelle finalizzate alla crescita, molte delle quali sono rimaste inattuate, ora vanno fatte. Non si può più aspettare. Vanno fatte con velocità e concretezza». E se lo dice il futuro governatore della Bce, è un lasciapassare non da poco. Ma c'è di più. Perché testimonia che, sebbene non sarà mai confermato, Draghi c'ha messo del suo in quella lettera. Probabilmente è stato lui a chiedere le scadenze determinate e sarà stato anche lui a fissare alcuni ambiti d'azione. Un asse inedito quello Berlusconi-Draghi, con la benedizione di Napolitano che ha seguito tutto da lontano ma non con indifferenza. Se questo è il clima che si respira attorno al premier a Bruxelles, tutt'altra atmosfera si vive a Roma. Il Cavaliere sembra l'unico che continua ancora a sognare le elezioni alla scadenza naturale. Tanto è vero che ammette: «Non c'è nessun patto per il voto a marzo». E poi tranquillizza: «Le aziende in crisi potranno licenziare ma lo Stato aiuterà queste persone con la cassa integrazione a trovare un nuovo lavoro». E sul rapporto con la Francia aggiunge: «Bini Smaghi lasci per non creare frizioni. È stato nominato dal Governo e il Governo chiede un passo indietro». Berlusconi fa sapere di non avere ancora parlato con Sarkozy ma sottolinea: «La Merkel mi ha assicurato di non aver avuto alcuna intenzione di denigrare l'Italia». Il progetto del premier è ancora quello di portare il governo fuori dalla tempesta. Con i suoi ministri parla ancora di una ripresa economica, che potrebbe essere agganciata in modo da presentarsi nel 2013 con il vento in poppa. Comunque sia, a Roma l'aria è pesante. Governo e maggioranza vanno ancora sotto a ripetizione. Il centrodestra resta in piedi per un soffio. In Transatlantico le facce sconsolate anche dei big. Per non parlare dei ministri chiamati di corsa ad andare a votare. Come Saverio Romano, Mariastella Gelmini, Anna Maria Bernini: ormai vivono a Montecitorio. Persino Angelino Alfano comincia a vedere il voto sempre più vicino anche perché Umberto Bossi lo chiede ormai senza giri di parole nei vertici di maggioranza. Il Senatùr vuole a sua volta scegliere le prossime liste elettorali. Per farlo deve andare al voto con l'attuale legge elettorale e dunque prima che si svolga il referendum, forse a maggio, che vorrebbe reintrodurre il cosiddetto Mattarellum. Silvio prepara così il restyling del Pdl, con il nuovo nome.