Bossi e Berlusconi più vicini con un occhio alle elezioni
Arriva sornione Saverio Romano in Transatlantico: «In Italia non c'è nulla di più definitivo del precario». Come dire: il governo va avanti. Ce la farà. Ne è sicuro il ministro dell'Agricoltura che non crede ad alcuna intenzione di rottura. Sottolinea che andare in pensione più tardi non è un dramma: «Ormai manco più gli agricoltori si spaccano la schiena, ci sono pure i trattori con l'aria condizionata... Ormai in trent'anni è cambiato tutto. Al ministero ho ricevuto un signore che ha 40 anni di contributi e 63 anni di età. Dovrebbe andare a riposo. Piangeva! Mi diceva: "Ministro, non lo faccia. Voglio continuare a lavorare. Mi sento ancora vivo"». Poco più in là Fabrizio Cicchitto s'aggira ingrugnito: «Basta, non fate domande. Ogni parola in questo momento può essere decisiva. Meno parliamo e meglio è». Si tratta. Bossi cede. Qualche millimetro ma cede. Cede sul terreno per lui al momento più importante: le pensioni. E chiede in contropartita il voto. Il voto ad aprile massimo del 2012. Grosso modo lo dice apertamente: «Io sono sempre contrario a far pagare dieci volte quelli che hanno già pagato. Le pensioni di anzianità non si toccano ma una strada l'abbiamo individuata, vediamo cosa dice l'Europa». Subito dopo, quando i giornalisti gli chiedono se il governo rischia ancora, il Senatùr replica secco: «Sì». E infine si dichiara «ancora pessimista...». Dunque, si lavora sulle pensioni. E si lavora contemporaneamente alla campagna elettorale. Che Berlusconi spera ancora di evitare. In qualche modo. Magari facendosi concedere una dilazione per fare un intervento sulle pensioni più blando. Sarà, ma il Cavaliere ieri sera era ancora piuttosto nero. Nero d'umore. Perché a palazzo Grazioli sono ormai convinti che Bossi punti dritto al voto. Anzi, anche piuttosto schiettamente ha fatto capire che ora è in grande difficoltà elettorale. Dovrà recuperare voti. E lo farà a discapito del Pdl. A Berlusconi dice una frase chiara: «Non mi farò sommergere dallo tsunami delle pensioni». «Il rischio è che andiamo incontro a cinque mesi terribili, di tutti contro tutti», spiega un collaboratore del premier. Eppure, Berlusconi appena qualche giorno fa era tornato ottimista. Dopo la fiducia, sebbene risicata, era tornato a immaginare il voto nel 2013 e a sperare di agganciare una ripresa che forse nel frattempo potrebbe arrivare. Era tornato a sognare di presentarsi alle elezioni. Ora si trova frenato dalla Lega. «Non è la riforma che volevo fare», ha ripetuto ai fedelissimi. Ma è un compromesso accettabile. Berlusconi e Bossi sono deboli. Probabilmente al punto più basso della loro storia politica. Ma l'unico modo che hanno per sopravvivere è restare assieme. Da ieri certamente sono più lontani. Non divisi, però. Anzi, uniti per cercare di svangare quest'ultima fatica. Andare a Bruxelles e rassicurare l'Unione europea. Sarà solo il primo esame. Quello più pesante arriverà dai mercati. Il Cavaliere lo ha ripetuto nel vertice di maggioranza: «O troviamo un accordo o c'è il rischio non solo di andare a casa, ma anche di prestare il fianco alla speculazione». Certo, il premier vorrebbe anche ricucire con gli altri leader europei. Sa che il motivo di maggiore irritazione con Nicolas Sarkozy è il caso Lorenzo Bini Smaghi. Il banchiere italiano dovrebbe dimettersi dal board della Bce dopo l'arrivo al vertice della Banca europea di un altro italiano, Mario Draghi. Il presidente francese vorrebbe invece che quel posto venisse subito liberato e al suo posto potesse nominare subito un suo rappresentante. Non è una scelta secondaria per Sarkò, perché la Francia è sotto esame delle agenzie di rating. Rischia di finire in una situazione molto simile a quella in cui si trova l'Italia oggi, cioé nell'avere assoluto bisogno che la Bce proceda all'acquisto di titoli di Stato transalpini per evitare il crollo. Avere un proprio uomo al fianco di Draghi sarebbe una pedina fondamentale. A dargli una mano, comunque, oggi a Bruxelles ci sarà anche Giorgio Napolitano. Che in queste ore ha seguito minuto per l'evolversi della crisi. Anche il Capo dello Stato non appare per nulla rassicurato dalla situazione e nemmeno dal fatto che il governo, ancora a sera, non avesse ancora preso decisioni incisive come pure aveva invocato in giornata. Al di là di ciò che l'esecutivo metterà nero su bianco e di ciò che inserirà in un prossimo decreto, è chiaro che si aprirà una durissima battaglia parlamentare con le opposizioni pronte a lavorare ai fianchi la maggioranza. Che già di suo perde pezzi.