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La Consulta: stop ai sindaci-parlamentari

Il palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte Costituzionale

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La crociata contro i doppi incarichi è iniziata. E ora, a farne le spese, saranno proprio quei parlamentari che sono anche sindaci di comuni con oltre 20mila abitanti. Una situazione che, secondo quanto stabilito dalla Consulta, è costituzionalmente illegittima. E così, conti alla mano, tra Camera e Senato, sono dieci i parlamentari "illegittimi" e tutti di Pdl e Lega. A Montecitorio esiste un elenco ufficiale che vede in testa Adriano Paroli (Pdl), sindaco di Brescia seguito dai colleghi di partito Giulio Marini (Viterbo); Nicolò Cristaldi (Mazara del Vallo); Marco Zacchera (Verbania); Michele Traversa (Catanzaro) ai quali si unisce il leghista Luciano Dussin (Castelfranco Veneto). A Palazzo Madama, dove non esiste un elenco ufficiale, i senatori-sindaci sono Vincenzo Nespoli (Afragola) e il leghista Gianvittore Vaccari (Feltre) ai quali si uniscono Antonio Azzollini (Molfetta) e Raffaele Stancanelli, sindaco di Catania e contro cui è stato fatto il ricorso da cui è derivata la sentenza della Corte Costituzionale. Un giudizio richiesto dal tribunale di Catania al quale si era rivolto un cittadino, Salvatore Battaglia, che aveva sollevato la questione di incompatibilità tra la carica di sindaco e quella di senatore, chiedendo la decadenza della prima in mancanza dell'esercizio del diritto di opzione. Stancanelli, infatti, era stato eletto primo cittadino di Catania nel giugno 2008, due mesi dopo le Politiche dell'aprile. E ora cosa accadrà. Stancanelli ha le idee chiare annunciando di preferire di gran lunga fare il sindaco della sua città piuttosto che il parlamentare «a prescindere da qualunque sentenza additiva della Corte». Più in generale, per capire cosa dovranno fare gli "illegittimi", si riunirà mercoledì prossimo la Giunta delle elezioni della Camera anche se, Antonio Saitta, ordinario di diritto costituzionale, spiega: «Adesso il parlamentare amministratore avrà dieci giorni di tempo per optare per uno dei due incarichi, altrimenti decadrà probabilmente da quello più recente».

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