Maroni: sarà un autunno caldo
Sarà un «autunno caldo». Il ministro dell'Interno Roberto Maroni guarda non senza preoccupazione a ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi. Chiamato a riferire in Senato sugli scontri di sabato in piazza San Giovanni a Roma, il titolare del Viminale non usa mezzi termini per descrivere ciò che è accaduto nella Capitale colpita, spiega, da una forma inedita di terrorismo, quello urbano, da parte di «tremila delinquenti incappucciati», il cui obiettivo «era ricreare l'incidente di Genova». Insomma, come aveva già detto nei giorni scorsi, Maroni ribadisce che l'obiettivo principale dei black bloc era quello di farci scappare il morto. E «solo la professionalità della forze dell'ordine», sottolinea, ha impedito che ciò accadesse. Ma l'intervento del ministro dell'Interno arriva anche dopo la proposta lanciata dal leader dell'Idv Antonio Di Pietro (e ieri parzialmente ritrattata) di istituire una legge Reale bis, per inasprire alcuni dei punti contenuti nel testo approvato nel 1975 durante la stagione terribile degli anni piombo. Inevitabile, quindi, parlare dei provvedimenti che potrebbero essere messi in campo per far fronte a questa nuova ondata di violenza. Nessuna legge speciale (bocciata tra l'altro anche dal Guardasigilli Francesco Nitto Palma) ma norme specifiche: dal Daspo esteso alle manifestazioni agli arresti in flagranza differita, ai fermi preventivi. Mentre vanno responsabilizzati gli organizzatori dei cortei obbligandoli a «prestare idonee garanzie patrimoniali per gli eventuali danni provocati». Questa la ricetta del ministro dell'Interno che risponde anche a chi aveva avanzato dubbi sulla gestione della manifestazione di sabato, soprattutto sul piano della prevenzione. Non è vero, precisa, «che non si è fatto abbastanza sul fronte della prevenzione per impedire a questi violenti di giungere a Roma. Le informazioni sui loro movimenti c'erano tutte, ma le attuali norme di legge non hanno consentito e non consentono di procedere ad azioni preventive di polizia (fermi o arresti) di chi è solo sospettato di voler partecipare a iniziative di violenza di piazza». Da qui nasce la necessità di nuove misure legislative, che consentano «alle forze dell'ordine di fare ciò che ora non possono fare, cioè intervenire con efficaci azioni di prevenzione per impedire che le violenze vengano effettivamente attuate». Ecco quindi l'elenco degli interventi: fermo di polizia e arresto obbligatorio per bloccare, ad esempio, chi in prossimità di manifestazioni risulta in possesso di veri e propri kit di guerriglia urbana; estensione dell'arresto in flagranza differita anche alle pubbliche manifestazioni, come già avviene per quelle sportive; un provvedimento di polizia preventivo per impedire a chi ha precedenti specifici di partecipare alle manifestazioni di piazza, sul modello del Daspo (misura proposta per la prima volta lo scorso anno dal sottosegretario Alfredo Mantovano, dopo i disordini del 14 dicembre ndr); uno specifico reato associativo per chi esercita violenza organizzata nelle manifestazioni; aggravanti speciali per reati comuni, commessi però in occasione di manifestazioni di piazza; maggiori tutele giuridico-legali per gli operatori di polizia, sia sotto il profilo penale che sotto quello civile. Per esempio, osserva Maroni, «c'è una norma prevista nell'ordinamento giuridico, che prevedeva la preventiva autorizzazione del procuratore generale per procedere contro un poliziotto o un carabiniere per presunti reati commessi nell'esercizio delle sue funzioni». Il ministro sa perfettamente, però, che non sarà facile introdurre misure che «investono la sfera di diritti costituzionalmente garantiti» e per questo annuncia che, prima di presentare il provvedimento in Consiglio dei ministri («cosa che peraltro intendo fare in tempi molto rapidi»), avvierà una «consultazione preventiva con tutte le forze politiche». Forze politiche che, per ora, sembrano accogliere favorevolmente alcune delle proposte di Maroni. Per il capogruppo del Pd a Palazzo Madama Anna Finocchiaro, ad esempio, sono «utili» sia l'arresto in flagranza differita che il Daspo, mentre esprime «un'ostilità chiara e limpida nei confronti del fermo preventivo» e ricorda che «qualcosa non ha funzionato se una città, già presidiata e allarmata da giorni sulla gravità dei disordini che potevano accadere, è stata in parte messa a ferro e fuoco».