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Bagnasco ai cattolici: l'assenza sociale è peccato

Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei

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"Quanto più le difficoltà culturali e sociali sono gravi, tanto più i cristiani si sentono chiamati in causa per portare il loro contributo specifico, chiaro, e deciso, senza complessi di sorta e senza diluizioni ingiustificabili" Angelo Bagnasco apre a Todi il seminario del Forum delle Associazioni del Lavoro di ispirazione cristiana. Racconta di un mondo cattolico che deve tornare a contare per il bene comune; detta l'agenda sociale, ma la fonda sui valori «irrinunciabili» della vita e della famiglia. Non delinea un nuovo partito, ma benedice l'impegno dei cattolici in ambito sociale. Se questo si strutturerà in un partito o in altre forme di mediazione intermedia non spetta al cardinal Bagnasco dirlo. Che già aveva dettato la linea nella prolusione all'ultimo consiglio permanente. Una linea rafforzata poi dalle dichiarazioni del suo numero due monsignor Crociata: «La Chiesa non fa e non disfa partiti». Quello che c'è di nuovo è che un mondo variegato, che va dall'associazionismo ai movimenti, si riunisce a Todi per discutere del «bene comune» dell'Italia. Una sorta di marcia indietro rispetto all'opzione religiosa sancita negli Anni Settanta. I cattolici vogliono tornare a contare. E Bagnasco ricorda che «alla politica, che ha la grande e difficile responsabilità di promuovere il bene comune, la Chiesa in ogni tempo ha guardato con rispetto e fiducia, riconoscendole la gravità del compito, le conquiste di volta in volta raggiunte per il bene della società, e sostenendo con la forza della preghiera coloro che hanno abbracciato questo servizio con onestà e impegno. Se per nessuno è possibile l'assenteismo sociale, per i cristiani è un peccato di omissione». La linea è quella seguita anche nella prolusione all'ultimo consiglio permanente, dove - su suggerimento e pressione anche di alcuni esponenti dei movimenti - aveva parlato di un nuovo corpo intermedio che doveva contare. «I fedeli laici - dice Bagnasco - sanno che è loro dovere lavorare per il giusto ordine sociale, anzi è un debito di servizio che hanno verso il mondo». Si parte ovviamente dalla vita spirituale (altrimenti - dice il numero uno della Cei - «i cristiani sarebbero omologati alla cultura dominante e a interessi particolari»), ma è proprio la vita spirituale che ha «ispirato e sostenuto, nelle diverse epoche, la presenza dei cattolici nelle istituzioni pubbliche e nel tessuto sociale del Paese». Bagnasco parla di un rinnovato impegno dei cattolici, sottolinea che «non c'è motivo di temere per la laicità dello Stato» perché la Chiesa non vuole imporre una visione confessionale. Resta fermo il principio della laicità, ma «la religione non è un problema per la società moderna ma una risorsa e una garanzia, un bene anche per la Città», e i cristiani sono nella società «massa critica, capace di visione e di reti virtuose, per contribuire al bene comune». L'agenda del presidente Cei parte dai temi considerati «irrunciabili»: difesa della vita, famiglia, libertà religiosa. Ma poi ricorda che «oggi l'attenzione generale è puntata con ragione ai grandi problemi del lavoro, dell'economia, della politica, della solidarietà e della pace: problemi che oggi attanagliano pesantemente persone, famiglie e collettività, specialmente i giovani». Problemi dei quali la Chiesa è chiamata ad occuparsi, perché «la ricaduta sociale della fede cristiana appartiene al patrimonio dottrinale, segna la missione della Chiesa e ispira la prassi della cristianità. Anche circa il tema critico e complesso del lavoro, la Chiesa non da ora segue le vicende in modo attento e partecipe e si pone a fianco dei diversi protagonisti con una presenza discreta, rispettosa e responsabile. Oggi, dunque, la sensibilità generale è puntata in modo speciale sull'uomo nello sviluppo della sua vita terrena, e quindi sulle vie migliori per assicurare giustizia sociale, lavoro, casa e salute, rete accogliente e solidale, pace: valori, questi e altri, che vanno a descrivere ciò che è chiamata "etica sociale"». La Chiesa, insomma, è chiamata a contare. Ma Bagnasco tara gli argomenti, e riporta tutto alla necessità di una «metamorfosi antropologica», ad una base più culturale che superi il relativismo. La visione dello Stato data dalla Chiesa non è quella dello Stato gendarme (l'immagine è quella del Leviatano) o lo stato che ratifica i sentimenti personali, ma quello di una società che ha «il fondamento stabile, orientativo e garante» del bene comune. Da qui l'appello ai cristiani a «portare a tutti e in ogni ambiente questo patrimonio, con la coerenza della vita e il coraggio della parola fino alle conseguenze sociali. È una sfida, ma anche un'ora promettente della storia alla quale nessuno deve mancare».

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