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Di Pietro fa retromarcia sulla legge Reale bis

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Eppurela politica non parla d'altro. La condanna contro gli scontri di Roma è unanime. E così ci si divide tra chi invoca leggi speciali e chi chiede una maggiore opera di prevenzione da parte dell'intelligence e delle forze dell'ordine. Il leader dell'Idv Antonio Di Pietro che lunedì aveva parlato di «Legge Reale 2, alias Di Pietro», adesso ci ripensa e assicura, in una conferenza stampa al Senato, che la normativa in questione andrebbe addirittura «archiviata nel cesso». La sua proposta, infatti, aveva spaccato l'opposizione e creato qualche imbarazzo nella maggioranza. Dopo un'iniziale approvazione da parte del ministro dell'Interno Roberto Maroni, è toccato al Guardasigilli, Francesco Nitto Palma, dichiarare: «Non credo che Maroni voglia una legge Reale bis. Siamo usciti dal terrorismo senza leggi speciali e riusciremo nello stesso identico modo ad arginare questo fenomeno. È singolare che da parte di un'opposizione molto vicina alla parte estrema della sinistra, ci sia richiesta di un ritorno ad una legge all'epoca etichettata come norma fascista e liberticida». E anche nell'Udc che si sollevano perplessità. Proporre leggi speciali, assicura Roberto Rao, o alimenta il populismo «come fa Di Pietro» o è per «smarcarsi da responsabilità come fa Maroni». Mentre Osvaldo Napoli (Pdl) si domanda «perché leggi che dovrebbero essere "normali", come quelle ad esempio che a New York impongono di manifestare solo sui marciapiedi pena l'arresto, in Italia vengono considerate "speciali"». La verità, interviene il segretario Pd Pier Luigi Bersani, è che le forze dell'ordine andrebbero «attrezzate meglio». «Andrebbero - incalza Marina Sereni (Pd) - dotate di più mezzi e risorse». Riducendo, insomma, al minimo i tagli previsti dal governo. E poi, suggerisce Gaetano Pecorella (Pdl), andrebbe potenziata l'attività di intelligence perché molte delle violenze avvenute si sarebbero potute prevenire. Anche con «una migliore organizzazione dei cortei». E sull'argomento interviene anche Mario Capanna, uno dei principali leader del Sessantotto, che in un'intervista al settimanale Oggi in edicola spiega che «la violenza scoppiata durante il corteo di Roma non si può paragonare a quella degli anni del terrorismo. Non vedo all'orizzonte un neo-terrorismo, ma è un grave errore non prestare attenzione al profondo disagio del mondo giovanile». Quindi una stoccata a Maroni: «Ha militato in Democrazia proletaria e conosce le dinamiche di piazza. Invece non era neppure a Roma nel giorno degli scontri».

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