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E Tremonti torna nel mirino

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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E ora tocca a Tremonti. Tocca a Giulio tornare sotto i riflettori. Tocca a lui pure finire nel mirino anzitutto dei suoi compagni di partito. Tocca a lui. Anche se il ministro dell'Economia tutto vuole tranne che essere ancora al centro dell'attenzione. Appena terminato il Consiglio dei ministri che ha approvato la legge di Stabilità, vola via. Nel vero senso della parola. Non si sottopone alle domande dei giornalisti nella consueta conferenza stampa che succede le riunioni del governo. Ufficialmente, è la giustificazione, perché deve partecipare alla cena dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali del G20 a Parigi. Ma anche poco prima era andato in scena un simpatico siparietto che rivelava la volontà del titolare del dicastero di via XX settembre. Accadeva nel corridoio antistante l'Aula di Montecitorio subito dopo la lettura del verdetto sulla fiducia. Berlusconi usciva dall'emiciclo e affrontava i cronisti che gli rivolgevano domande sulle questioni economiche. Poi vedeva passare il ministro dell'Economia e lo fermava: «Ma dov'eri? Mi domandavano cose su di te...». E Tremonti: «Passavo di qui per caso e ho visto un bel po' di gente...». E il premier si faceva più serio e col sorriso sulle labbra avvertiva: «Però rispondi tu, perché mi chiedevano cose di tua pertinenza...». Si prendeva il ministro dell'Economia sottobraccio per rientrare in Aula. Perché questa attenzione su Tremonti? Perché il governo deve ora affrontare il nodo del decreto Sviluppo. Anzi, a dirla tutta, Berlusconi avrebbe già voluto approvarlo in settimana e forse se non ci fosse stato lo scivolone sul Rendiconto avrebbe potuto fare almeno un primo esame. In che direzione? E qui si aprono le danze. Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, dice chiaramente: «Il futuro decreto per la crescita noi diciamo, a nome del gruppo del Pdl, che auspichiamo che non sia a costo zero». Passaggio particolarmente applaudito, a cominciare dal segretario del partito Angelino Alfano seduto vicino al capogruppo. Un avvertimento preventivo visto che finora le discussioni in materia economico-finanziarie sono sempre iniziate con una condizione irrinunciabile: tutto si può fare ma a saldo zero. Ora non sarà più così.

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