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Draghi sta con i giovani. Ma condanna i violenti

Draghi

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I giovani li ha sempre citati come una vera risorsa economica e sociale in gran parte dei suoi discorsi. Mario Draghi, governatore uscente della Banca d'Italia e prossimo presidente della Banca Centrale, da economista quale è non ha mai smesso di rimarcare come lo sviluppo e la crescita italiana siano legati sempre più all'inclusione degli under 30 nel mondo del lavoro. Così ieri, nonostante una parte del mondo sceso in piazza si sia autonominato «Draghi ribelli», il numero uno di via Nazionale ha espresso la sua solidarietà al movimento. «I giovani hanno ragione a essere indignati» ma «a patto che la protesta non degeneri» ha detto il governatore di Palazzo Koch. Una dichiarazione corretta al momento della notizia degli scontri avvenuti a Roma: è un «gran peccato» ha chiosato. Il segnale che arriva resta in ogni caso forte. Draghi non è l'unico nel mondo della finanza e dell'economia che comprende le ragioni dei giovani. Persone come il miliardario Usa Warren Buffet, l'ad di Citigroup Vikram Pandit o il numero uno di Blackrock Laurence D. Fink hanno già espresso il loro appoggio alla protesta. «Se la prendono con la finanza come capro espiatorio, li capisco, hanno aspettato tanto: noi all'età loro non l'abbiamo fatto» ha spiegato Draghi a margine del G20 della Finanza chiuso a Parigi con un nulla di fatto nonostante fosse stato convocato proprioper mettere a punto una soluzione per evitare che la crisi dell'euro faccia collassare il sistema finanziario internazionale. Il governatore, in qualità di presidente del Financial Stability Forum, ha messo a punto in questi anni una riforma delle regole della finanza per limitarne gli eccessi e le storture, e che per questo è stata fortemente avversata da vasti settori del credito e da alcuni Stati. Per ora le sue idee non sono state realizzate. E Draghi nel suo commento ha rilevato: «Noi adulti siamo arrabbiati contro la crisi, figuriamoci loro che hanno venti o trent'anni». Parole di comprensione e concetti peraltro già espressi in un'altra forma da Draghi in diverse occasioni, quando sottolineava come «senza i giovani non c'è crescita», spronando a varare riforme e misure per permettere loro di fornire il proprio potenziale di talento e di creatività al Paese. Uno spreco di risorse che mette a rischio la crescita del Paese. Appelli ripetuti più volte nel corso del suo mandato alla Banca d'Italia. Nella relazione del 2008 disse:«Va data fiducia ai giovani che sono mortificati da un'istruzione inadeguata e da un mercato del lavoro che li discrimina a favore dei più anziani». Lo scorso anno nelle sue Considerazioni finali spiegò: «La crisi ha acuito il disagio dei giovani nel mercato del lavoro e occorre completare la riforma del settore». Ancora qualche giorno fa, lo scorso 12 ottobre, quando Draghi aprì un evento dedicato all'economia nei 150 anni dell'unità d'Italia alla presenza del presidente Napolitano, il governatore ha ricordato questo aspetto e initato la politica a occuparsi di loro. Eppure verso Draghi e la Bce il movimento degli indignati ha espresso forti critiche sulle ricette «lacrime e sangue» contenute nella lettera indirizzata al governo italiano e ad altri Stati europei. Cortei e proteste nelle ultime settimane hanno preso di mira le sedi della Banca d'Italia in diverse città italiane culminate nella manifestazione a Via Nazionale. Talmente indignati da non distinguere più chi è contro e chi è con loro.

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