Dai fermi al divieto di indossare caschi, il testo ancora in vigore
Approvatain un periodo in cui il Paese era insanguinato dalla violenza degli anni di piombo, ne fu principale redattore il ministro della Giustizia, Oronzo Reale, esponente del Partito Repubblicano Italiano. Il testo normava il diritto delle forze dell'ordine a fare impiego delle armi, qualora ne ravvisassero la necessità operativa, estendendolo ai casi di ordine pubblico. L'articolo 3 della legge stabilisce che «anche fuori dei casi di flagranza, quando vi è il fondato sospetto di fuga, gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica possono fermare le persone nei cui confronti ricorrono sufficienti indizi di delitto per il quale la legge stabilisce la pena non inferiore nel massimo a sei anni di reclusione ovvero di delitto concernente le armi da guerra o tipo guerra, i fucili a canna mozza, le munizioni destinate alle predette armi o le materie esplodenti». «Gli ufficiali - si legge ancora - possono trattenere i fermati per il tempo strettamente necessario per i primi accertamenti, dopo i quali debbono far tradurre i fermati immediatamente nelle carceri giudiziarie o in quelle mandamentali se in queste ultime esiste la cella di isolamento». L'articolo 4 prevede che «in casi eccezionali di necessità e di urgenza, che non consentono un tempestivo provvedimento dell'autorità giudiziaria, gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica nel corso di operazioni di polizia possono procedere, oltre che all'identificazione, all'immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l'eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono giustificabili». L'articolo 5 vieta di «prendere parte a pubbliche manifestazioni, svolgentisi in luogo pubblico o aperto al pubblico, facendo uso di caschi protettivi o con il volto in tutto o in parte coperto mediante l'impiego di qualunque mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona. Il contravventore è punito con l'arresto da uno a sei mesi e con l'ammenda da lire cinquantamila a lire duecentomila». L'11 giugno 1978, la legge venne sottoposta a un referendum abrogativo che ebbe esito negativo e, quindi, non venne abrogata.