Il gip di Bari ordina l'arresto di Lavitola
Interrogatorio fiume per Gianpaolo Tarantini alla procura di Roma. È durato più di sei ore il faccia a faccia tra l'imprenditore barese, il procuratore aggiunto Pietro Saviotti e il pm Simona Marazza, titolari dell'indagine che vede Tarantini indagato insieme alla moglie Angela Devenuto, al direttore de L'Avanti, Valter Lavitola, e a due suoi collaboratori per la presunta estorsione al premier Silvio Berlusconi. L'imprenditore, accompagnato dai suoi difensori Alessandro Diddi, Pier Gerardo Santoro e Ivan Filippelli, è stato chiamato a chiarire ai magistrati diversi aspetti della vicenda. Secondo l'ipotesi d'accusa originaria formulata dai magistrati di Napoli che avevano avviato l'indagine, il Cav avrebbe dato ai Tarantini, tramite Lavitola, oltre 500mila euro in cambio del silenzio di Gianpi davanti ai pm di Bari che indagano sul giro di escort da lui portate a Palazzo Grazioli. Intanto la procura di Bari ha stabilito che Valter Lavitola deve essere arrestato. Il gip Sergio Di Paola ha impiegato poche ore per emettere l'ordinanza di custodia cautelare in carcere nella quale contesta al faccendiere-latitante l'accusa di induzione a mentire. Un provvedimento, quello di cattura, che la pubblica accusa non condivide affatto perché ritiene che Lavitola non abbia compiuto quel reato. Ciononostante, la procura è stata costretta a chiedere al gip il provvedimento restrittivo dopo che il giudice aveva respinto la richiesta di revoca della misura cautelare avanzata dal pubblico ministero. Ordinando l'arresto del faccendiere, il giudice ha fatto propria - e ha allegato al provvedimento restrittivo - l'ordinanza del tribunale del Riesame di Napoli che ha riqualificato l'accusa di estorsione contestata a Lavitola in induzione a mentire ai pm baresi che indagano sulle escort che Gianpi ha portato nelle case del premier. Il gip ha condiviso anche il passaggio in cui il Riesame afferma che Berlusconi sapeva che le ragazze che Tarantini portava nelle sue residenze erano escort. Fatti questi che potrebbero indurre il procuratore aggiunto che coordina le indagini, Pasquale Drago, a ipotizzare nei confronti del capo del governo il reato di aver istigato Tarantini, con la complicità di Lavitola, a comprare il silenzio di Gianpi con oltre 500.000 euro. Proprio come afferma la magistratura partenopea. Secondo i giudici del Riesame, Lavitola è stato l'intermediario tra Berlusconi e Tarantini e, «pur essendo intervenuto in una fase successiva al perfezionamento del reato (un anno dopo gli interrogatori di Tarantini, che risalgono al 2009, ndr), ha continuamente fornito un prezioso ed insostituibile contributo affinché la promessa di Berlusconi, nella fase attuativa, fosse effettivamente mantenuta»; ha garantito, con le consegne di danaro da parte del premier, «la conservazione della sua efficacia persuasiva nei confronti del Tarantini, in vista delle successive occasioni» in cui l'imprenditore «sarebbe stato chiamato a rendere dichiarazioni» ai pm.