Bossi sentenzia: "Deciderò io quando si voterà"
Anche questa volta Berlusconi ha incassato la fiducia. È riuscito a far vedere che la maggioranza c'è e la Lega, compatta, ha dimostrato, per l'ennesima volta, la propria fedeltà. Ora però si deve cambiare passo. A dettare la linea è stato Marco Reguzzoni, capogruppo dei Lùmbard alla Camera («sia approvata in tempi rapidi, con un calendario certo, la riforma istituzionale di Bossi e Calderoli» e si faccia «un'incisiva azione nel campo dell'economia»), al quale hanno subito fatto eco molti altri leghisti bloccati in Transatlantico ad aspettare l'esito del voto sulla fiducia. E proprio tra questi ce n'è uno che si spinge oltre e all'invito alle riforme partito dall'Aula, aggiunge un ultimatum: «Oggi Berlusconi ha la maggioranza, ma domani? Ora noi della Lega vogliamo vedere cose concrete. A Pontida Bossi aveva dettato il cronoprogramma delle riforme da fare entro la fine dell'anno e ad oggi abbiamo fatto ben pochi passi in avanti. Credo che a gennaio chiederemo una verifica e poi si deciderà». Uno sfogo che poco dopo troverà conferma nelle parole dello stesso Umberto Bossi che, dopo aver commentato il voto di fiducia («appena sono arrivato in Aula ho capito che la fiducia sarebbe passata. La Lega c'era tutta e il Pdl anche»), torna a evidenziare la sua influenza sul Cav: «Non so se il governo reggerà fino al 2013», quello che è certo è che «Berlusconi andrà al voto quando lo decido io». Eppure, benché Bossi continui a mostrare di tenere ben salda la barra del Carroccio, le tensioni all'interno del partito faticano a sgonfiarsi. Ed è proprio un deputato leghista a raccontare cosa sta accadendo nel movimento: «Voi giornalisti sbagliate quando scrivete che Maroni o Calderoli vogliano fare le scarpe a Bossi. Questo non avverrà. Primo perché la base non lo accetterebbe, secondo perché il Senatùr non permetterà mai a nessuno di sottrargli la segreteria. Rimarrà lì a vita perché né Calderoli né Maroni gli chiederanno mai di fare un passo indietro. Quello che in realtà tutti temono è che nella mente del Capo ci possa essere l'idea di voler lasciare il testimone al figlio. A quel punto allora il movimento potrebbe ribellarsi. Speriamo che questo non accada e speriamo che Bossi lo capisca da solo anche perché, se devo essere sincero, nessuno ha il coraggio di dire una cosa del genere a Bossi». Poi, spostando il discorso sul malessere di alcuni sindaci considerati maroniani, lo stesso deputato racconta: «Abbiamo avvertito in tutti i modi il sindaco di Verona, Flavio Tosi, di stare tranquillo e invece anche oggi lui si permette di rilasciare interviste che vanno contro quella che è la linea del partito». E infatti, se Bossi in Aula ribadiva la sua fiducia al premier, il primo cittadino della città scaligera lo denigrava rilasciando un'intervista a Repubblica: Berlusconi si deve fare da parte. Ci vuole un nuovo governo, con una maggioranza più solida. Ci vuole una premiership forte e credibile. Più passa il tempo più mi convinco che Berlusconi non sia in grado di mantenere le scadenze prefissate e gli impegni concordati». Parole che il Senatùr non ha gradito, tanto che, come continua il parlamentare, per il sindaco non si prospettano tempi facili. «Nel 2012 il movimento dovrà decidere se ricandidarlo a sindaco di Verona, credo proprio che ad oggi non ci siano le condizioni per poterlo fare. Tosi deve mettersi in testa che la linea non la detta lui, ma la decide il Senatùr». Ma al sindaco sembra che gli avvertimenti non piacciano molto e così in serata si lascia andare all'ennesima provocazione: «Pur non condividendo le idee di Michele Santoro, aderisco alla sua iniziativa sottoscrivendo 10 euro per l'Associazione Servizio pubblico perché ritengo giusto garantire libertà di espressione anche per idee diverse dalle nostre».