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Carabinieri salvi per miracolo

Roma, scontri tra black bloc e forze dell'ordine a piazza San Giovanni: blindato dei carabinieri in fiamme

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Ieri a Roma è bruciato l'inferno. Una battaglia che non si vedeva da anni. Al confronto, quella del 14 dicembre scorso che ha sconvolto via del Corso e piazza del Popolo sembra una prova generale. Il campo in cui gli scontri si sono combattuti è San Giovanni in Laterano, dove c'è la Basilica della Capitale, monumento che fa da scenario solenne al concertone del 1° maggio per la festa del lavoro, diventato quello lugubre e fosco del 15 ottobre, di una rabbia senza senso che sembrava senza sosta. L'inferno è bruciato qui. L'aria ha cambiato colore: col fumo chiaro dei lacrimogeni, anche al peperoncino, lanciati dalle forze dell'ordine, disegnando scie chiare. Si è arrossata: per le lingue di fuoco salite dai cassonetti e da un blindato dei carabinieri incendiati come grossi boli di odio lasciato scorrere senza freno. Col rosso delle bombe carta, fatte esplodere come grossi petardi di Capodanno. E il grigio, tanto grigio: sassi, biglie, bulloni e sampietrini divelti dal pavimento di asfalto che si snoda attorno alla Basilica, da via Emanuele Filiberto a piazza San Giovanni in Laterano, e lanciati a pioggia contro le forze dell'ordine travolte da uno sciame di violenti che ronzava da un lato all'altro, allargandosi e riunendosi a una velocità che batteva manganelli e anfibi. Doveva essere un corteo di indignati, uno dei 900 nel mondo. E invece se ne sono impossessati i violenti, col raccapriccio degli stessi manifestanti che li hanno fischiati e insultati. Ma non è servito. Da giorni era nell'aria l'infestazione tra gli indignati di anarco-insurrezionalisti, black bloc, di incappucciati come bulli da banda metropolitana, estremisti dei centri sociali, soprattutto quelli lombardi e piemontesi, della «No Tav». Il primo raid poco dopo la partenza dei manifestanti. Arrivano intorno alle 14.15 in via Cavour. I «neri» bruciano due vetture private, un'Audi e una Mercedes, sfondano i vetri di banca posta. La testa del corteo arriva al Colosseo. La tensione resta dietro. Stavolta gli estremisti si fanno avanti in una traversa, in via dei Serpenti, chiusa da uno schieramento di blindati dei carabinieri messi di traverso. Tra la gente qualcuno urla: «Ma che fate, state a guardare? Intervenite, intervenite». All'imbocco di via Labicana sfila un fiume di persone: ci sono anche i Cobas, i precari, e poi si vedono le teste degli anarchici coi caschi argentati e neri e pure le bandiere del Fai, di nero e rosso. A un tratto la corrente umana si raggruma. Tutti guizzano all'indietro. Qualcuno ha alzato le mani contro gli incappucciati. Poi le frasi dagli altoparlanti del camion dei Cobas, dove una signora bionda distribuisce boccali di birra alla spina al prezzo di tre euro. «Basta - commenta l'arruffa popolo - Noi vogliamo rappresentare l'indignazione contro le cose che in questo Paese non vanno. Loro invece non rappresentano un cazzo». E giù applausi a lui, fischi agli altri. Sono le 17, minuto più minuto meno. In via Labicana scoppia il caos. I black bloc vogliono fare paura e ci riescono. Distruggono gli ambienti in disuso di uno stabile un tempo del ministro della Difesa. Bruciano i cassonetti dei rifiuti. Salgono su via Emanuele Filiberto e si impossessano di piazza San Giovanni in Laterano e piazzale Appio. Le forze dell'ordine sono poche e sparpagliate. Carabinieri, poliziotti e finanzieri sono sparpagliati a piccoli gruppi. In via Filiberto un poliziotto in borghese e col casco è disteso a terra con una gamba spezzata. I violenti sono centinaia, non si contano, sono mescolati tra la folla che prima impugnava bandiere tricolori e slogan: «Atene chiama, Roma risponde» oppure «We camp» («Noi ci accampiamo»), col disegno della tenda. Il cielo cambia. Volano sassi, biglie, bulloni, grossi petardi. Le forze dell'ordine lanciano fumogeni a grappolo. Ma sono pochi e loro in tanti, troppi. Arrivano pure due idranti. Si aspetta. Si decide di mandare i blindati contro i violenti. Il loro però è uno strano valzer: girano in tondo ai marciapiedi spartitraffico, lambiscono i teppisti che quando li vedono passare accanto li bersagliano coi sampietrini divelti dal piazzale. La Basilica diventa il lugubre monumento di una guerra urbana. I negozi sono chiusi, le serrande tirate giù. Sembra che Roma abbia serrato le labbra, non parli più. Alcuni manifestanti si nascondono nelle viuzze che partono da via Filiberto. E da lì assistono alla gimkana dei blindati. È talmente assurdo questo girotondo che capita pure che due mezzi si scontrino. E allora la gente che sta a guardare scoppia: «Ma che fate, quei mezzi li comprate anche coi soldi nostri. Andate avanti, affrontateli, non indietreggiate». Qualche finanziere digrigna i deti. Ha il volto coperto dal casco, con un braccio sostiene lo scudo ma i muscoli delle mascelle si vedono: li contrae di continuo. Più vorrebbe parlare, più la genta che fa da pubblico lo insulta. Arriva un collega, gli parla all'orecchio e lo tira da una parte. Il resto è quasi estenuante: le forze dell'ordine con una carica si fanno venti metri in avanti, poi sono costretti a farne altrettanti in ritirata perché i black avanzano tirando di tutto, anche dalla Scala Santa. Sembra che manchino gli uomini. Pochi contro tanti. E armati. Sembrano con una santabarbara che non si esaurisce mai: bombe che esplodono, sassi che piovono in continuazione. Ci sono dei momenti in cui anarchici e black bloc arrivano a sfidare le divise guardandoli negli occhi da pochi metri di distanza. Basta poco e la battaglia diventa tra barbari e soldati romani. Un massacro. Il tira e molla dura due ore. Alle 19 il blocco di forze dell'ordine sfonda fino a lambire la Basilica. Ma la battaglia non è finita. I violenti hanno bruciato un blindato dei carabinieri, un altro sono riusciti addirittura ad aprirlo, e hanno colpito il militare a bordo. Hanno incendiato le vie limitrofe. In via Tasso hanno circondato la caserma dei carabinieri della Compagnia Piazza Dante. Le forze dell'ordine aspettano. La ciurma si sposta sino a piazza Vittorio, ma per poco. Bisogna arrivare alle 22 passate per vedere l'inferno spegnersi e i mezzi dell'Ama ripulire l'asfalto di quell'Intifada non per la patria ma per la violenza. Bilancio: 70 feriti (30 delle forze dell'ordine), un carabiniere colto da infarto, auto in fiamme, a fuoco una camionetta dell'Arma, rogo in un'ex caserma e crollo del solaio, vetrine infrante, muri imbrattati e la statua di una Madoninna fatta a pezzi. Circa 20 i fermati, 12 dei quali in arresto. Per gli altri invece la posizione è al vaglio. Provengono anche da Bari, Trento, Catania, Siracusa, Brindisi, Varese e Napoli. Alla fine della battglia le parole al personale del questore Francesco Tagliente: «È stata una giornata impegnativa, grazie di cuore».

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