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La Lega si sfila anche sulle intercettazioni

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Il leader della Lega e ministro Umberto Bossi (s) con il capogruppo della Lega Marco Reguzzoni (d)

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Basta sconti. Basta compromessi. La Lega punta i piedi. E così, proprio nel giorno in cui la maggioranza era in fibrillazione per la debacle sul rendiconto generale dello Stato, i Lùmbard ci mettono il carico da novanta. E così se Bossi rassicura il governo («Per adesso non viene giù tutto ma non sono un mago») l'avvertimento al Pdl è dietro l'angolo. E tocca a Marco Reguzzoni, capogruppo del Carroccio alla Camera, lanciare l'ultimatum: «Una legge sulle intercettazioni serve ma a noi interessano cose più concrete come l'autorizzazione alla Singapore Airlines per operare sull'aeroporto di Malpensa che Matteoli non autorizza da nove mesi. Dice di sì, ma poi non l'autorizza. Se Matteoli non lo farà, ci incazziamo». In altre parole Reguzzoni da una parte minaccia il Pdl e dall'altra lancia un messaggio alla base leghista stanca di vedere il propri rappresentanti votare per salvare dal carcere i vari Milanese o addirittura sostenere leggi che, in un momento di grande crisi economica, potrebbero essere rimandate. E così Reguzzoni vuole risposte concrete per il Nord: «Non si può buttare via un'occasione come quella di Singapore Airlines che ci porterebbe almeno due mila posti di lavoro e che se non andasse in porto sarebbe un danno economico per la Padania che regge tutto il Paese». Eppure, andando a ritroso nel tempo, si vede come lo stesso Reguzzoni, non più tardi del 4 ottobre, avesse un'idea del tutto opposta sulle sorti della legge sulle intercettazioni che avrebbe iniziato il suo iter alla Camera il giorno seguente: «Speriamo sia una buona legge, tuttavia siamo convinti che è necessario comunque approvarla, perché, come in tutti i Paesi, questo settore va soggetto a regolamentazione. È meglio una legge buona subito che una ottima non si sa quando». Sono passati appena sette giorni e tutte quelle convinzioni sembrano essere svanite mettendo a repentaglio la solidità del governo. Rischio che il Pdl, in un momento così delicato, non ha intenzione di correre tanto da fare immediatamente retromarcia. E così, dato che sul ddl sono previsti circa 70 voti segreti, più quello conclusivo, il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto ha preferito cambiare strategia: «A questo punto l'esame del testo sulle intercettazioni verrà rinviato». A quando? Questo non si sa anche se più di qualche deputato del Pdl scommette che alla fine il disegno di legge verrà messo in "stand by" rischiando addirittura di finire su un binario morto. Intanto nel Carroccio continua a tenere banco lo scontro tra i bossiani e i maroniani. Una situazione che da Via Bellerio cercano di non ridimensionare (La Padania relega il congresso di Varese ad un piccolo articolo a pagina undici e per Radio Padania «le beghe interne della Lega non devono essere messe in piazza») ma che sul territorio continua a tenere banco. Così, nonostantante lo sfogo del Senatùr riferito da Reguzzoni («Bossi è amareggiato perché ha visto delle cose che non gli piacciono; ci sono dei personaggi all'interno della Lega che ragionano per ambizione personale piuttosto che nell'interesse del movimento»), nelle tre regioni del Nord si continua a discutere. In Piemonte l'immagine pubblica del Carroccio è ancora quella di un partito monolitico, saldamente nelle mani del governatore e segretario regionale Roberto Cota, anche se, anche qui il seme della divisione sta germinando e dalle province arrivano segnali di insofferenza che potrebbero far uscire allo scoperto i malumori. Rischio che il Carroccio sta cercando di evitare anche in Lombardia dove, dopo la nomina del nuovo segretario di Varese, Maurilio Canton, si torna a parlare di unità: «La Lega è Bossi e, nonostante questo sbandamento, lui resta il nostro leader - spiega Paride Cartabia, consigliere comunale di Uboldo - Quello che è successo a Varese dimostra però che servirebbe più democrazia perché imporre un candidato dall'alto significa ritornare ai tempi del fascismo». «Mal di pancia» che, in Veneto, sembrano essere finiti o definitivamente messi a tacare. Una tregua siglata durante la riunione regionale di domenica scorsa a Padova tra le due principali anime: quella di Tosi, che fa riferimento a Roberto Maroni, e quella del "bossiano" segretario Gianpaolo Gobbo. Pace fatta? Forse. Basterà aspettare domenica prossima quando i leghisti veneti si troveranno a a Rosà (Vicenza) per tifare gli azzurrini Under 18 nell'amichevole di calcio contro i pari quota dell'Ucraina. In uno stadio, guarda caso, che si chiama «Padania».

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