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Bankitalia spinge per il ritorno dell'Ici

Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi

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La frase è stata pronunciata come si conviene in una sede istituzionale quale un'audizione in Commissione Finanze del Senato della Repubblica: tono grave, approccio accademico, prosa spedita e un po' ingessata. Ma il contenuto del messaggio di Daniele Franco, capo della ricerca economica di Bankitalia, è di quelli che fanno rumore al pari che se fossero urlati, non foss'altro perché va a toccare uno dei pochi passi indietro (se non l'unico) che lo Stato ha fatto negli ultimi anni rispetto alle tasche dei cittadini e, nel contempo, rappresenta un esempio di promessa elettorale mantenuta, caso oggettivamente abbastanza raro di questi tempi. «Sarebbe necessaria - ha detto - una riflessione sull'opportunità di reintrodurre l'abitazione principale fra gli immobili soggetti a imposta, in particolare l'Ici». Ecco, l'innominabile è stato detto: l'Ici, l'unico limbo dove il fisco aveva deciso di far finta di non vedere, l'ultima opzione sociale comprensibile dal popolo che «con tanti sacrifici» si è costruito una casa, ora viene messo in discussione. Ma essendo Franco un «tecnico», sa come motivare la sortita: «L'esenzione dall'Ici delle abitazioni principali - ha spiegato - costituisce, nel confronto internazionale, un'anomalia del nostro ordinamento tributario ed espone al rischio di trasferire una parte rilevante dell'onere dell'imposta su esercizi commerciali e studi professionali o sui proprietari di seconde case, residenti in comuni diversi da quello che applica l'imposta». «Le imposte sulla proprietà immobiliare - ha proseguito Franco - costituiscono il perno della fiscalità locale nella maggior parte dei paesi, poiché esiste un evidente collegamento fra la base imponibile (il valore dell'abitazione) e l'attività svolta dall'ente che riscuote il gettito. La possibilità per il contribuente di commisurare l'onere fiscale al beneficio ricevuto in termini di servizi pubblici locali rappresenta un importante incentivo a scelte di bilancio responsabili da parte degli enti». Ma l'analisi di Bankitalia rovescia anche il punto di vista più diffuso, e cioè che l'Ici sulla prima casa costituirebbe, come detto, un torto fatto alle famiglie: «L'assenza di tassazione sull'abitazione principale ai fini dell'Ici e dell'Irpef, unitamente alla detraibilità degli interessi passivi sui mutui per l'acquisto della prima casa, determina una sperequazione ai danni delle famiglie (il 20 per cento circa del totale, appartenenti per circa la metà al primo quintile - coefficiente di calcolo per i redditi, ndr - di reddito disponibile) che vivono in abitazioni locate. Tale discriminazione - ha concluso Franco - sommata alla tassazione dei trasferimenti a titolo oneroso delle abitazioni, costituisce altresì un ostacolo alla mobilità dei lavoratori e all'uscita dal nucleo familiare». A fare i conti, dopo il «suggerimento» arrivato da Bankitalia, è la Cgia di Mestre. «Un colpo non indifferente per i proprietari», sottolinea ricordando invece come dall'abolizione dell'imposta nel 2008, i Comuni italiani non incassano più direttamente questi soldi dai proprietari di abitazione, ma dallo Stato a titolo di compensazione. «Comunque sia, se per i sindaci fosse una partita di giro e per l'Erario un risparmio di tutto rispetto, per i proprietari della prima abitazione, invece, sarebbe un »colpo« non indifferente». Attualmente, l'Ici sulle seconde e terze case, sugli edifici commerciali, sui capannoni industriali garantisce un gettito pari a 9,47 miliardi di euro all'anno. «Se aggiungiamo i 2,8 miliardi previsti dall'applicazione dell'imposta sulla prima casa, il gettito complessivo che potrebbe finire nelle casse comunali si attesterebbe sui 12,2 miliardi di euro».

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