Diamo un programma tv al Cav
Il ritorno di Romano Prodi, ex premier ulivista e unionista, in televisione (ci era già stato 19 anni fa, su Raiuno, con Il tempo delle scelte) con un suo programma dal titolo rivolto al futuro, Il mondo che verrà (3 puntate, la prima stasera, su la7, alle ore 23) ci offre lo spunto per una proposta: ma perché non dare una trasmissione da condurre a Silvio Berlusconi? L’idea potrà apparire bizzarra e suscettibile di obiezioni: ma come, il fondatore di Mediaset, il presidente del Consiglio, l’uomo proprietario della tv commerciale che presenta un suo show? Ma no, e il conflitto d’interessi, e il doppio ruolo di premier e conduttore e tutto il resto? Suvvia, non è il caso. Peccato, perché Berlusconi in tv funzionerebbe: il titolo ci sarebbe già, Il cavaliere che fece l’impresa. Quanto alla storia, quella è lunga un’intera vita, e di temi ce ne sarebbero un’infinità. Senza contare che in fatto di ascolti il Berlusca è uno che va forte. Sì, forse negli ultimi tempi si è un po’ impigrito, non scende nei talk show critici, magari ogni tanto si affaccia da Bruno Vespa o in qualche videomessaggio. Ma se tornasse quell’audace televisivo del 1993 e del 1994, del 2001, persino del 2006, beh in fatto di tv - diamo a Silvio quel che è di Silvio - non ce ne sarebbe per nessuno. Se pensiamo alla dicotomia politica italiana degli ultimi diciotto anni, con Berlusconi da una parte e gli anti-Cavaliere dall’altra, vediamo che è una frattura riflessa quotidianamente nella programmazione televisiva nazionale. Riflessa, nel senso che con il Cavaliere al Governo la stagione tv vede trionfare, in ascolti ed in polemiche, le hard news, le notizie dure, i programmi di informazione senza peli sulla lingua e con conduttori caratterizzati da forte personalità, da Michele Santoro a Giovanni Floris, anche se qui le news diventano meno hard e più talk. Quando vince il centrosinistra, invece, e Berlusconi è all’opposizione le hard news lasciano, nel successo di pubblico, spazio all’intrattenimento. Allo svago. Il fatto lo spiega molto bene Carlo Freccero, attuale direttore di Rai 4 ed ex direttore di Rete 4, Canale 5, Italia 1 e Rai 2: «Silvio Berlusconi al Governo detta l’agenda. L’agenda di tutti, per cui questa agenda viene introiettata nella testa della gente. La conseguenza è che la sua persona», quella del Cavaliere, «il suo operato, le sue dichiarazioni», stanno sempre nei pensieri degli italiani, che siano berlusconiani o che siano anti. In questo continuo lead mediatico, i programmi che narrano un eterno dualismo tra sé e il Cavaliere, pensiamo ad Annozero di Michele Santoro, diventavano una real-soap dell’immaginario collettivo, tenendo incollati al video milioni di spettatori, di puntata in puntata. Il centrosinistra, invece, non è hard news perché i suoi governi, da diciotto anni a questa parte, si sono rivelati - nell’immaginario degli italiani - più tecnici che mediatici. E non c’è niente di più freddo per la tv di un Governo tecnico. Dovessimo immaginare un programma per Pierluigi Bersani, leader del Pd, sarebbe interessante vederlo alle prese con un talk sulle stramberie degli italiani e dei politici. Titolo "Uè ragazzi, ma siam pazzi?" mentre la Rosy Bindi potrebbe condurre un format sulle donne nel XXI secolo, del tipo "Non siamo a vostra disposizione". Per i non berlusconiani affezionati agli imprenditori, invece, potrebbe avere seguito un format itinerante, magari a bordo di una Ferrari, condotto da Luca Cordero di Montezemolo, dal titolo "On the road". Quanto ai volti nuovi, ci vorrebbe una doppia conduzione: magari Renzo Bossi (figlio di Umberto) e Cristiano Di Pietro (figlio di Antonio). Titolo: La strana coppia. Che sia questa la televisione che ci aspetta?