Caccia aperta a 316 voti
Quota 316. Nella maggioranza torna il tormento. Ci arriviamo o no? Infatti domani, al voto sulla fiducia, si potrebbe verificare un ulteriore piccola frana che rischierebbe di mettere ancora più in difficoltà Berlusconi. Avere la fiducia per andare avanti ma non avere i numeri per proseguire. Un paradosso peraltro non nuovo per la politica italiana. Il Cavaliere deve ottenere la metà più uno dei votanti. E per questo obiettivo non ci dovrebbero essere problemi. Il caso si apre su quanti voti avrà, al di là del quorum. E qui si spalanca la questione assenti nella maggioranza. Già nell'ultimo voto di fiducia - proprio un mese fa - il governo era arrivato giusto a quota 316, ovvero la metà più uno dei deputati (ma per la fiducia basta la maggioranza dei votanti: se votano in 600, sono sufficienti 301 voti). Insomma, il premier si potrebbe trovare nella condizione di essere in carica ma non avere i numeri. La battaglia infatti non sarà sui «sì» o sui «no», ma su chi ci sarà. Di sicuro il centrodestra ha perso il voto di Santo Versace che ieri ha detto che voterà la sfiducia ma potrebbe decidere di non partecipare. Potrebbe non esserci Domenico Scilipoti, che pure aveva marinato il voto sul rendiconto. Come anche Francesco Pionati, da mesi dato in corsa per un sottosegretariato. In forse Mario Baccini. Come Pino Galati, marito della leghista Lussana. Poi ci sono le assenze-presenze. Il caso emblematico è quello di Francesco Divella. L'imprenditore della pasta formalmente è ancora con Fli ma ha fatto sapere di non avere intenzione di farsi trascinare nella deriva sempre più a sinistra dei finiani e così ha detto che non voterà più contro il governo. La sua non presenza dovrebbe uno svantaggio per l'opposizione ma non sarà un punto a favore del centrodestra. Caso analogo quello di Antonio Buonfiglio. Ci sono poi quelli di Scajola. L'ex ministro ha incontrato Berlusconi e gli ha assicurato che non voterà la sfiducia, lasciando aperte tutte le porte. Punta a costruire un Ppe in versione italiano, dunque aperto all'Udc e finanche a Fini. Un progetto che ha bisogno di tempo. Ma il Cavaliere tempo non ne vuole concedere. Anche perché ha raccontato ai suoi: «Sapete quale è stata la prima cosa che mi ha chiesto Claudio? Se davvero faccio la lista "Forza Silvio" affiancata al Pdl: ne sono tutti terrorizzati». Solo questo pensiero gli fa venire voglia di andare dritto dritto alle elezioni. I due si sono lasciati cordialmente ma Scajola andando via ha fatto il giro delle stanze andando a salutare segretarie e collaboratori di palazzo Grazioli come se fosse un addio. Intanto c'è la fiducia e paradossalmente un governo senza i numeri, o comunque più debole, potrebbe far gioco ai democristiani che lavorano a una riunificazione. Perché rende sempre più necessaria l'apertura al Terzo polo. Ma è immaginabile un Berlusconi che si consegna mani e piedi ai democristiani? Macché. Il Cav quando sente aria di sfida si eccita, si esalta. Alza l'asticella. «Dobbiamo andare oltre 316, arrivare a 320 - ripete ai fedelissimi -. Dobbiamo avere una maggioranza non dico larga ma almeno che ci consenta di fare le riforme». Possibile? Sembrava impossibile anche il 14 dicembre dell'anno scorso quando Fini si decise a lanciargli l'assalto finale finito poi miseramente. Ora Gianfranco, dieci mesi dopo, ha smesso la maschera da sub ed è ricomparso alla Camera da qualche settimana, ha cominciato ad andare in tv, ha voluto riprendere la scena facendosi rivedere a spasso nel Transatlantico e andando al Quirinale a comunicare l'esito di un voto. Già, il Colle. Inutile dire che si segue la situazione con attenzione. È facile immaginare che Napolitano non sia indifferente a quel 316. D'altro canto già all'inizio del suo mandato e con un governo amico, l'esecutivo Prodi, il Capo dello Stato pretese numeri chiari, una maggioranza netta senza senatori a vita. Stavolta potrebbe essere arrivata una richiesta molto simile, anche se informale, nell'incontro che Ignazio La Russa ha avuto con Napolitano proprio ieri. Anche se il ministro della Difesa s'è affrettato a smentire: «Durante il mio incontro con Napolitano, che è durato più del previsto, abbiamo parlato solo questioni militari. A cominciare dalle celebrazioni del IV novembre nell'anno del 150° dell'Unità d'Italia». Il punto è: ma se non ci sarà una maggioranza netta? Non si può escludere nulla. Spiega una prima linea del Pdl: «Neppure che Napolitano intenda sciogliere le Camere persino con un governo con una fiducia sebbene risicata. Magari sfruttando l'allarme ingovernabilità».