La Corte dei conti lancia la mini-patrimoniale
La riforma fiscale non ha copertura e, proprio per questo, è necessario tassare beni «personali e reali», evitando i tagli lineari alle agevolazioni che «sarebbero recessivi». Davanti alle Commissioni Finanze e Affari Sociali della Camera il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, non nasconde dubbi e perplessità sul disegno di legge delega della riforma fiscale e assistenziale. E lancia quella che, a tutti gli effetti, suona come una mini-patrimoniale. Giampaolino sottolinea come il testo sia nato con «l'aspettativa» di ridurre il prelievo fiscale e di ridistribuirlo. Eppure tutto ciò si trova «in conflitto» con le esigenze di «rigore» nella finanza pubblica emerse durante l'estate. Secondo il numero uno dei magistrati contabili il problema principale è che parte delle coperture (aumento dell'Iva e delle aliquote sulle rendite finanziarie) è stato utilizzato dal decreto di agosto. Ma «perplessità» generano anche le stime della lotta all'evasione. «Oltre a largamente affidarsi a mezzi incerti - spiega il presidente della Corte dei conti - limitati e talora superati dagli eventi, la copertura del ddl risulta intaccata e messa in forse dalla "concorrenza" che si è venuta a determinare tra due obiettivi: quella della riforma tributaria e quello della messa in sicurezza dei conti pubblici con riferimento alle risorse attese dal riordino della tassazione delle attività finanziarie e dalla parziale revisione delle aliquote Iva. Dimensioni ben più consistenti raggiungerà lo spiazzamento che si produrrà per quanto riguarda le risorse attese dalla revisione delle agevolazioni fiscali». Su esse, ricorda Giampaolino, pende la mannaia della «clausola» della manovra di agosto, che prevede un taglio lineare del 10% a tutte le agevolazioni se non verrà approvata la delega, la quale dovrà dare 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013 e 20 nel 2014. I tagli lineari avrebbero «inevitabili effetti regressivi» che «si concentrerebbero soprattutto su coloro che già pagano l'imposta e, più specificamente, sui contribuenti che si collocano nelle classi di reddito meno elevate». Per questo motivo Giampaolino auspica l'approvazione «in tempi stringenti» del testo «per impedire che risulti inevitabile l'attivazione della clausola di salvaguardia». Ma si domanda anche se, davanti alle «incertezze» della coperture non sia necessario «esplorare fonti di gettito nuove, in direzione di basi imponibili personali o reali che non insistano sul lavoro e sulle imprese». Insomma, il giudizio del presidente sul provvedimento, è tutt'altro che incoraggiante: «Nel complessivo disegno redistributivo il ddl risulta ormai spiazzato dagli eventi che hanno riportato in primo piano le esigenze del rigore. Le incertezze che ne discendono investono la praticabilità di una riforma complessiva del sistema del prelievo in assenza di una concreta identificazione dei necessari mezzi di copertura». Giudizio che «abbraccia» anche il taglio della spesa sociale che, così come è prefigurato, secondo Giampaolino è difficilmente percorribile, perché finirebbe per colpire i ceti più deboli e in più avrebbe gli stessi effetti negativi per l'economia del Paese «di quelli derivanti da un prelievo fiscale eccessivo e distorto». «Non appare irragionevole - prosegue - attendersi che i risparmi di un riordino possano risultare in larga parte controbilanciati dalle risorse che sarà necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati ad una prevedibile impennata del fenomeno della non autosufficienza». Le parole del presidente della Corte scatenano l'immediata reazione delle opposizioni che, lancia in resta, si scagliano contro la maggioranza. Per il presidente dei senatori dell'Idv, Felice Belisario, «aspettare una riforma da un governo che aiuta chi illegittimamente ha esportato capitali all'estero, non combatte evasione e corruzione e pensa ancora ai condoni, è come credere alla Befana. Ennesimo tranello, viste le incertezze sulla copertura, così come denunciato dalla Corte dei conti». E Nichi Vendola non è da meno: «La Corte ha la forza di denunciare un atto di rapina nei confronti dei ceti popolari, un atto di spoliazione illegittimo, ingiustificato, iniquo nei confronti dell'Italia».