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Governo battuto sui conti Il Cav chiederà la fiducia

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Il premier Silvio Berlusconi si alza per uscire dall'aula della Camera dopo la votazione

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L'immagine della giornata è Silvio Berlusconi che esce dall'aula di Montecitorio. Terreo. Scuro in volto. Preoccupato. Un uomo che ancora non ha capito cosa è successo. Per scoprirlo non è necessario andare a cercare chissà quale manovra dietro le quinte. Il governo va sotto (290 sì, 290 no; prevale il voto contrario) su un documento di fondamentale importanza, il rendiconto finanziario. Forse il documento più importante del ministero dell'Economia e il ministro non c'era. Più tardi da via XX settembre faranno sapere: «A poche ore dalla presentazione della legge di Stabilità il ministro Tremonti era al ministero impegnato con gli uffici di gabinetto nella valutazione dei dossier relativi a ciascun ministero. In aula in rappresentanza del ministero erano presenti i sottosegretari. Appena ricevuta notizia dall'Aula il ministro ha interrotto i lavori e si è recato a Montecitorio. Nessuna ragione politica, di nessun tipo».   Era in cortile a chiacchierare Umberto Bossi che arriva tardi e non ce la fa a votare. S'affretta ma arriva alla meta a tempo scaduto pure Claudio Scajola. Impossibile pensare a una manovra dell'ex ministro perché un democristiano farebbe sfilare alcuni dei suoi e lui resterebbe in aula: invece è accaduto l'esatto contrario. «Una cazzata generale», sintetizza Guido Crosetto. «Belli cazzi!», si lascia sfuggire il sudista Maurizio Iapicca. «Legislatura azzoppata», sentenzia il pidiellino Gennaro Malgieri. Il resto dei commenti a caldo è su questa falsariga. Non c'è un movente politico, una mossa preordinata. Ma il premier non ha alcuna intenzione di lasciarsi logorare. Per questo in serata, dopo un vertice a Palazzo Grazioli, decide di rilanciare. «Il governo e la maggioranza - annuncia Paolo Bonaiuti - reputano necessario richiedere la fiducia al Parlamento. Ciò avverrà sulla base delle comunicazioni programmatiche che il presidente del Consiglio intende rendere in aula». Lo stesso Bonaiuti si affretta a spiegare che la bocciatura dell'articolo 1 non pregiudica l'approvazione di tutti gli altri. Ma il premier potrebbe chiedere la fiducia già oggi o domani. Dopotutto quello che è accaduto in aula era fin troppo annunciato. Nella prima votazione, mezz'ora prima dello scivolone, il governo l'aveva scampata per poco: 287 a 285. E il fatto che anche l'opposizione sia riuscita a richiamare solo 5 deputati davanti ad una maggioranza in evidente difficoltà la dice lunga sulla reale voglia della sinistra di mandare a casa Berlusconi e andare a votare. Quel che è certo è che il premier arriva di persona in aula. E fa in tempo ad assistere a un deputato del suo partito che se ne va per protesta perché un sottosegretario non gli ha risposto al telefono, un altro pare fosse andato a fare shopping, quelli che arrivano all'ultimo secondo, il Pdl a ranghi ridotti (ne mancheranno 14 per lo più per malumori o problemi personali, in cinque erano ai funerali del giornalista del Tg5 Andrea Pesciarelli) e lo spappolamento del gruppo di supporto, Popolo e territorio, gli ex Responsabili. Non ci sono Domenico Scilipoti e Francesco Pionati, Pippo Gianni e Paolo Guzzanti. Mancano quelli che volevano fare i sottosegretari e sono rimasti a piedi, quelli che speravano in qualcosa. Insomma, singole rivendicazioni. Il che rende tutto più grave e pericoloso perché di fatto ingestibile. Impossibile rincorrere ogni singolo. Gongola Gianfranco Fini: «Ci saranno delle conseguenze politiche». E così sarà. Dice uno delle prime linee del Pdl: «Ormai non c'è più tensione nei gruppi, i deputati non si sentono coinvolti, non c'è una direzione di marcia. Però così non si dura. Se metti la fiducia vengono tutti, un minuto dopo spariscono in venti». Le conseguenze si vedono subito. La maggioranza pensa di rinviare il ddl sulle intercettazioni anche per le pressioni della Lega. In serata è tutto un pullulare di cene e cenette. I leghisti guidati da Giancarlo Giorgetti si vedono da Fortunato al Pantheon, gruppi di forzisti da Settimio e via così. Silvio Berlusconi resta murato a palazzo Grazioli per un vertice di maggioranza. Quindi tocca agli uomini della Lega rappresentati dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli e il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni. Scajola invece vede l'altro frondista Pisanu: «Sono normali incontri politici», glissa. Oggi si torna in Aula. E si balla. In attesa del voto di fiducia sulle comunicazioni programmatiche del Cavaliere.

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