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L'appello di Draghi: "Riforme strutturali"

Mario Draghi, candidato alla presidenza della Bce

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Riforme strutturali, subito. Sono una priorità assoluta e anche l'unica strada percorribile per ritrovare la crescita. Nel giorno stesso del declassamento da parte dell'agenzia di rating Fitch, il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che dal 1° novembre guiderà la Banca Centrale europea, torna ad insistere sul vero nodo dell'economia del Paese, ovvero la crescita. Sottolinea il ruolo dei giovani che hanno subito più di altri i contraccolpi della crisi e che «devono essere coinvolti». Per uscire dalla stagnazione «l'Italia deve puntare sulle necessarie misure strutturali ma soprattutto includere le nuove generazioni e il loro patrimonio di innovazione, conoscenza ed entusiasmo mettendo mano, fra l'altro, alla segmentazione del mercato del lavoro che distingue fra protetti e non protetti privilegiando i più anziani». Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi torna su un tema su cui batte da da diverso tempo, il futuro dei giovani, davanti a una platea di politici di «nuova leva» di maggioranza e opposizione riuniti nell'intergruppo parlamentare per la sussidiarietà di Maurizio Lupi ed Enrico Letta. Draghi parla proprio in un giorno peraltro in cui a Milano alcuni studenti protestano di fronte alla sede della Banca d'Italia di Milano contro i tagli alle scuole e allo stato sociale. Il governatore arriva a metà mattinata reduce dal consiglio Bce di Berlino di giovedì dove ha ricevuto il testimone da Jean Claude Trichet per la guida dell'istituto centrale europeo. Draghi parla a porte chiuse e riscuote un consenso unanime fra i politici. Nel testo del suo intervento il governatore sottolinea la situazione di difficoltà in cui versano le nuove generazioni italiane ed europee rispetto all'età d'oro del dopoguerra, ammonisce sullo «spreco di risorse preziose che mette a rischio il loro futuro e quello del Paese intero». «La bassa crescita è anche riflesso delle sempre più scarse difficoltà offerte dalle giovani generazioni di contribuire allo sviluppo». Certo è un andamento non solo italiano ma dell'intero Occidente dove la gran parte dei giovani crede che avrà meno benessere rispetto ai propri genitori e dove la crisi ha avuto proprio fra i giovani «i contraccolpi più forti». Peraltro una delle difese maggiori, la famiglia ha subito anch'essa dei colpi e «soprattutto quelle con figli hanno visto aggravare la condizione di povertà». Tuttavia ricorda Draghi contare sul sostegno della famiglia per compensare i minori redditi da un lavoro che non c'è o è precario «accresce le diseguaglianze nelle condizioni di partenza» e il successo di un giovane «può dipendere più dal luogo di nascita e dai genitori che dal titolo di studio». Ecco perchè il governatore chiede azioni mirate quali appunto «interventi sulla regolamentazione delle diverse tipologie contrattuali ed estendendo la copertura degli istituti assicurativi» per riequilibrare «le opportunità occupazionali e le prospettive di reddito oggi fortemente sbilanciate verso i più anziani». Altro fattore chiave è la riforma «del settore dell'istruzione» ma anche la riduzione dei costi di apertura e di gestione delle nuove imprese «promuovendo il capitale di rischio che sostenga le aziende giovani e a più alto potenziale innovativo». Un invito chiaro per far sì che anche in Italia possano crescere e svilupparsi nuovi Steve Jobs. D'accordo il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni: «Il governatore mette l'accento sul grande rischio che stiamo correndo: quello di bruciare la capacità di sviluppo e innovazione delle nuove generazioni. Sono convinta anch'io che l'uscita dalla crisi dipenda dalla capacità della nostra società di abbattere le barriere che oggi impediscono ai nostri giovani di emergere e farsi traino della crescita economica». Per Damiano del Pd le parole di Draghi suonano come una bocciatura alla politica del governo sui giovani e il problema occupazionale.

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