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Fini all'attacco del ddl intercettazioni "Legge per l'interesse di qualcuno"

Il presidente della Camera Gianfranco Fini al Teatro Politeama di Palermo per il tour nazionale di Fl

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La legge sulle intercettazioni in discussione alla Camera "non è la migliore legge per l'interesse nazionale ma forse per l'interesse personale di qualcuno". Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha espresso le sue perplessità sulla legge in discussione a Montecitorio alla platea di Fli a Palermo. Perplessità che si trasformano nell'ennesimo affondo contro Silvio Berlusconi. "Il presidente del Consiglio se amasse l'Italia farebbe un passo indietro e cederebbe le redini ad un altro governo", dice Fini al teatro Politeama. "Mi domando quale italiano - ha detto il presidente della Camera - avendo la possibilità di stilare l'agenda della discussione in Parlamento, metterebbe al primo posto il ddl sulle intercettazioni? O il processo breve, o lungo, perché la durata dipende dal processo in cui si è coinvolti..." "Non se ne può più di videomessaggi, il governo deve governare", ha concluso Fini. BASTA DEMAGOGIA "Occorre dire basta al dibattito politico in cui la colpa è sempre dell'altro", ha detto ancora il leader di Futuro e libertà. "Gli italiani non credono più in un politica miope, meschina e di propaganda. Bisogna chiamare a raccolta tuttti quelli che hanno un obiettivo rifuggendo la demagogia. La politica di sviluppo significa credere nel Meridione come opportunià. Non si fa sviluppo sognando le partecipazioni statali, o sognando il ritorno di grandi industrie che hanno creato tanti problemi ambientali", ha detto Fini. "Le giovani donne - ha poi detto rivolgendosi al pubblico femminile in plate - non vogliono essere giudicate in base all'avvenenza fisica". Così Gianfranco Fini alle donne che lo ascoltavano alla convention di Fli a Palermo. IDV CONTRO LA LEGGE "Il ddl intercettazioni resta un provvedimento inaccettabile perché attenta al diritto dei cittadini ad essere informati e calpesta apertamente l'art. 21 della Costituzione - afferma il portavoce dell'Italia dei valori, Leoluca Orlando - Le modifiche proposte dal relatore Costa sul carcere per i giornalisti non cambiano certo la natura di una legge criminale e antidemocratica", continua. "Questo governo, compatto solo nel garantire l'impunità al premier - aggiunge - vuole imbavagliare la libera stampa, oscurare la Rete e ostacolare il lavoro dei magistrati, privandoli di uno strumento essenziale per le indagini. Perciò, ci opporremo con tutti i mezzi democratici possibili all'approvazione di questo ignobile disegno". CARCERE E INTERCETTAZIONI Uno degli aspetti più controversi della legge è quello del carcere per i giornalisti che pubblicano testi coperti da segreto. E' "un illecito grave" la diffusione "da parte di un giornalista (e non solo da lui) di notizie coperte dal segreto investigativo, che danneggiano la stessa inchiesta, o di notizie irrilevanti sul piano penale e dell'interesse pubblico, che debbono rimanere riservate e che ledono la privacy di un cittadino", afferma il deputato Maurizio Paniz, membro della Consulta Giustizia del Pdl e capogruppo Pdl della Giunta per le autorizzazioni a procedere. "Illecito che quindi "non può non essere penalmente sanzionato in modo significativo anche con una pena edittale detentiva". "La parola non può essere messa dietro le sbarre", afferma Gaetano Pecorella, deputato del Pdl. "Anche quando vada oltre i limiti, l'esercizio della libertà di stampa non può essere colpito con il carcere. Per questo non voterò mai una norma che preveda la detenzione per il giornalista. Ci sono altre misure, persino più efficaci, come la sospensione della firma. Ricordiamoci che questa maggioranza votò l'abolizione del carcere per i reati di opinione e di ciò ebbe merito proprio l'allora ministro Castelli", conclude.  

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