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Soluzione impossibile per l'uscita del Cavaliere

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

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Era il 13 agosto 1953 quando l'allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, incaricò Giuseppe Pella di formare un governo «amministrativo» per superare lo stallo politico seguito alla bocciatura, per un pugno di voti, della cosiddetta "legge truffa". De Gasperi non era riuscito a superare lo scoglio del voto di fiducia per il suo ottavo governo. Anche uno dei fondatori del Partito Popolare, Attilio Piccioni, aveva dovuto passare la mano sull'onda del clamore di rivelazioni scandalistiche che parlavano del coinvolgimento di suo figlio nell'orgia costata la vita a una ragazza il cui corpo era stato rinvenuto sulla battigia di Capocotta. La vicenda - che inaugurò la prassi dell'uso dello scandalismo nella lotta politica - si sgonfiò per l'inconsistenza delle accuse, ma ebbe un risultato importante: la liquidazione del gruppo dei notabili degasperiani. La scelta di Pella non fu digerita bene dalla Dc. Il via libera giunse a denti stretti da De Gasperi che invitò i colleghi di partito a non porre ostacoli per timore che Einaudi potesse rivolgersi a una personalità indipendente, Cesare Merzagora, interrompendo la prassi secondo la quale la presidenza del Consiglio spettava al partito di maggioranza relativa. Ma tutta la diffidenza e l'antipatia per Pella è contenuta nella lapidaria, velenosa e sprezzante definizione di De Gasperi che parlò di «governo amico». Che cosa fu, in realtà, questo governo monocolore rimasto in carica per cinque mesi grazie al sostegno dei monarchici? Un governo amministrativo, si disse, caratterizzato dalla presenza di ministri non politici come l'economista Costantino Bresciani Turroni, l'avvocato dello Stato Salvatore Scoca, il magistrato Antonio Azara. Un governo - oggi si direbbe - in qualche misura tecnico, anche se questo suo carattere lasciò presto posto a una connotazione più politica, non solo e non tanto per il sostegno monarchico quanto piuttosto per l'esplodere in maniera drammatica della questione di Trieste che spinse Pella a cavalcare l'ondata di passione nazionale che investì il paese. Ieri Giorgio Napolitano ha ricordato Pella cogliendo l'occasione per elogiare un «governo di tregua» che rappresentò «un'esperienza importante e utile per il futuro dell'Italia repubblicana». Che le sue parole esprimano, in filigrana, un apprezzamento per l'ipotesi del «governo tecnico» non è da escludere. Come pure non è da escludere che esse alludano all'altra ipotesi di un governo a maggioranza più ampia, non di solidarietà nazionale ma allargato all'Udc. Se così è, siamo alle solite: alla richiesta di un passo indietro di Berlusconi.

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