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Il vuoto incolmabile a sinistra

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In superficie tutto sembra muoversi a favore delle opposizioni, che reclamano con asfissiante monotonia il "passo indietro" di Silvio Berlusconi, e contro la maggioranza, all'interno della quale cresce l'insofferenza con dichiarazioni, interviste, incontri conviviali di più o meno consapevole fronda e litigi fra ministri. Che hanno peraltro la sfrontatezza anche di protestare, per giunta minacciosamente, contro i giornali che ne riferiscono. Mettiamoci infine gli ammiccamenti intermittenti alle elezioni anticipate da parte di Umberto Bossi, che sembra essere diventato, con i suoi messaggi gutturali e mimici, e la folla dei cronisti che lo inseguono per raccoglierne e decifrarne i pezzi, una Sibilla Padana. Di fronte alla quale impallidiscono tutte le altre dei nostri ricordi scolastici: da quella di Delfi a quella Cumana. Tutto questo, ripeto, in superficie. Lo spettacolo e l'analisi cambiano se si spinge lo sguardo sotto il pelo dell'acqua. Allora si scopre che la situazione è ben diversa, anzi rovesciata. E si può capire forse la disinvoltura che ha potuto appena permettersi il presidente del Consiglio presentandosi alla Camera a braccetto, o quasi, con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e distribuendo ottimismo, persino con qualche barzelletta e battuta imbarazzante per Angelino Alfano. Il quale si è scoperto segretario di un partito dal nome incerto, visto che quello attuale non convince più il Cavaliere, cioè il fondatore superstite dopo la separazione da Gianfranco Fini. Per quanto agguerrite e rumorose, sostenute dalla solita grancassa mediatica, le opposizioni continuano ad essere divise su tutto ciò che dovrebbe avvenire dopo le tanto attese e negate dimissioni di Berlusconi. Divise tra elezioni anticipate e governo di transizione, o di decantazione, o di tregua e via fantasticando. Divise su come presentarsi eventualmente alle urne, con quale o quali candidati a Palazzo Chigi. Divise, dietro un generico e falsamente rispettoso richiamo alle prerogative del capo dello Stato, sulla guida di un eventuale governo di transizione, o comunque lo si voglia chiamare. E ancor più divise sulle cose da fargli fare: dalla pur prioritaria riforma elettorale, vista anche la probabile incombenza del referendum abrogativo della legge in vigore, alle missioni militari all'estero e all'adozione di nuove misure economiche e finanziarie. Che non potranno prescindere dalle indicazioni della Banca Centrale Europea, sui cui contenuti i partiti e i gruppi del futuribile nuovo governo sono non divisi ma lacerati tra di loro e al loro interno. Qualche sera fa, in uno dei tanti salotti e salottini televisivi dove si frantuma, più che articolarsi, il dibattito politico espulso o silenziato dalle riunioni degli organi direttivi dei partiti, Walter Veltroni si mostrava sorpreso e infastidito per i contrasti contestati al suo movimento politico e presunti o reali alleati sui problemi sollevati dalla Banca Centrale Europea e condivisi dall'omonima Unione: pensioni di anzianità, trattamento degli statali, disciplina dei licenziamenti, eccetera. Ma quando mai i partiti non sono stati divisi su questi temi?, ha chiesto con stupore l'ex sindaco di Roma, sostenitore però di un governo che per essere addirittura "di emergenza" dovrebbe avere un di più di chiarezza e di omogeneità rispetto ad altri. Un governo che peraltro si ritiene a torto esonerato dal timore della impopolarità per il suo carattere appunto straordinario e forse anche tecnico. Ma esso in Parlamento dovrebbe guadagnarsi la fiducia di partiti che a questo timore di impopolarità non potrebbero certamente sottrarsi. Cerchiamo di essere seri e onesti, caro il mio Walter, ed amici e compagni che ne condividono false certezze o speranze. Le opposizioni sono talmente divise e inconcludenti nelle loro posizioni, al di là degli insulti al presidente del Consiglio e alle grida contro il governo, che i loro vuoti sono in un certo senso, e paradossalmente, colmati dalla maggioranza. Dove le differenze fra Berlusconi e Tremonti, e le loro rispettive tifoserie, pidielline o leghiste, non sono di stampo caratteriale, come spesso si dice e si scrive con una certa superficialità, ma di contenuto. Su cui le opposizioni si guardano bene dal prendere costruttiva posizione perché non ne sono capaci. O, semplicemente, muoiono della paura di farlo, preferendo il vuoto della protesta e le minacce.  

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