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È l'ora di una lista di destra

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Al momento non vedo chi e come possa staccare la spina al governo. Perfino Bossi che ritiene improbabile il traguardo del 2013 ha aggiunto che, comunque, prima delle elezioni bisognerà varare una nuova legge elettorale. I tempi potrebbero essere biblici, come si sa. E poi c'è sempre il referendum che incombe. Sabotarlo o aggirarlo si configurerebbe come un attentato alla democrazia, responsabilità che nessuno intende assumersi per quanto alcuni, temerariamente, facciano sapere, al fine di tutelare la loro bottega, che sarebbe meglio rivotare prima della consultazione referendaria, dunque con questa legge che gli italiani disprezzano. E nessuno, peraltro, può dire come e quando il paventato "incidente" che dovrebbe mettere fine all'esecutivo Berlusconi si concretizzerà a meno che un colpo di reni (ritenuto piuttosto improbabile) del premier non muti il paesaggio politico. Nel frattempo, la "guerra di posizione" nel centrodestra sta assumendo fattezze tali da far intendere che, comunque vada a finire, alle prossime elezioni la maggioranza si presenterà divisa in più componenti con tanti saluti al partito unico spirato all'atto della sua stessa costituzione perché pensato e disegnato non come un soggetto politico realmente unitario, ma come un contenitore elettorale. Non ci si muove, tuttavia, esplicitamente contro Berlusconi poiché è lui stesso a muoversi, come ha informato "Il Tempo", per cercare di riprendere buona parte degli indecisi e riportarli nel centrodestra. Si è convinto che un'altra lista, "personalissima", forse chiamata "Forza Silvio", raccoglierebbe tra il 16 ed il 18%, mentre il Pdl si assesterebbe intorno al 22-23% in alleanza con la prima. Questo dicono i sondaggi. Funzionerà? È probabile. Certamente scompiglierà i giochi di tanti ex-forzisti che si stanno esercitando sugli scenari post-berlusconiani senza fare i conti con un elettorato deluso in attesa di un segnale di rinnovamento. Se questo è il quadro, al fine di intercettare tutti i segmenti di un'alleanza politica che potrebbe dissolversi se non si reinventa perché non prevedere anche una lista della destra nella quale far confluire tutti coloro che sono stati vittime di una diaspora politica che ha di fatto annullato un patrimonio ideale e culturale, oltre ad una presenza storica in Parlamento, i cui elettori si sentono orfani e sono parte considerevole di quel bacino di astensionisti rilevati dai sondaggi di opinione? Messe da parte antiche idiosincrasie, i raggruppamenti che formavano l'ossatura della vecchia Alleanza nazionale, i post-missini di tutte le sfumature, i conservatori che stentano a riconoscersi nell'attuale Pdl potrebbero ritrovare il minimo comun denominatore che legittimi quanto meno la formazione di una lista sulla quale far convergere consensi altrimenti destinati a restare in frigorifero. In Parlamento e fuori operano gruppi e personalità che rimettendosi insieme offrirebbero allo schieramento moderato quel che attualmente gli manca: la destra, appunto. Potrebbero farsene promotori coloro che capeggiano, alla Camera e al Senato, gruppi eterogenei come "Polo e territorio" e "Coesione nazionale", Moffa e Viespoli, in accordo con la pattuglia di FareItalia lanciando un ponte a Storace ed a quanti disorganici al Pdl, ma tutt'altro che ad esso ostili, avvertono la necessità di ritrovare la destra smarrita. Una lista siffatta, con richiami espliciti ad una tradizione politico-culturale ben decifrabile e riconoscibile, forse vale il 5-6% in coalizione con i partiti berlusconiani. L'ipotesi è tutt'altro che fantasiosa nel momento in cui resettare il centrodestra risulta indispensabile: è necessario riprendere tutte le sue "anime" se non si vuole regalare l'Italia alla sinistra.  

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