Vogliono lottizzare anche la satira
Avete presente Crozza? Fa satira imitando alcuni politici, obiettivi preferiti Bersani e ultimamente la Merkel. Immaginate se Bersani per par condicio imitasse e prendesse in giro il comico. Forse come politico può anche far ridere, ma la sua satira sarebbe un pianto. Non andrebbe meglio nemmeno a Gasparri costretto a fare il verso a Neri Marcorè per pareggiare i conti. Non è uno scherzo, purtroppo, ma se si prendessero alla lettera le raccomandazioni che la commissione parlamentare di vigilanza Rai sta faticosamente elaborando potrebbe accadere proprio questo. Sì, perché non basta mettere sotto tutela tg e trasmissioni di informazione, il pericolo si annida anche nella satira e nel varietà: possono avere valenza politica. Allora serve un'altra campana. La satira della satira. Ma rigorosamente di orientamento opposto. Questa veramente non l'avevamo mai sentita. Invece si era parlato del doppio conduttore ai tempi di Santoro, l'idea geniale era quella di mettergli al fianco qualcuno che dicesse il contrario di quel che diceva lui, ma la commissione lo ripropone ora per tutti i talk show anche se il telepredicatore ha traslocato preferendo a Viale Mazzini la piazzetta di Capri. Così Vespa dovrebbe dividere il suo salotto con un altro giornalista, che, a parte i giri ipocriti di parole, dovrebbe avere idee diverse al fine di garantire il pluralismo. Certo prima ci vorrebbe un confessore, o un analista, che strappasse a Vespa tutti i suoi pensieri segreti e poi trovarne uno alternativo. E perché non nello sport? Tra qualche giorno c'è la partita Roma-Lazio. Ci vorrebbero due conduttori, uno di fede giallorossa e uno biancoceleste. Così lo spettatore potrebbe sentire le due campane: è rigore, non è rigore. Siamo cresciuti sentendo fiumi di parole sull'autonomia dei giornalisti, c'è un ordine che dovrebbe garantire il rispetto della deontologia professionale. Non basta questo? Se qualcuno è fazioso, se tradisce la professionalità per interessi di parte, non basta fermarlo? No, dobbiamo avere la Rai dei tifosi: uno di destra e uno di sinistra. Uno che tifa Roma e uno che tifa Lazio. E se c'è un fatto di cronaca addio plastici. Vespa si rassegni, o ci rinuncia o dovrà prevederne due: uno innocentista e uno colpevolista. La commissione si raccomanda che per i fatti di cronaca siano rispettate le garanzie fissate dalla legge (ci mancherebbe che dicesse il contrario) alla luce «del principio costituzionale della presunzione di innocenza». E naturalmente si raccomanda poi di dare il giusto rilievo alle conclusioni del processo «anche quando siano assolutorie». Ma i giornalisti Rai, hanno bisogno di questo suggerimento? Quante ore di trasmissione sono state dedicate all'assoluzione di Amanda a Perugia? Siamo alla farsa. Il fatto preoccupante è che i contribuenti italiani devono anche pagare quei parlamentari per elaborare queste perle di saggezza. Tanto più che gli stessi commissari presieduti da Zavoli, che di Tv ne sa qualcosa, auspicano più trasmissioni di informazione, più inchieste. Ma naturalmente con la regola del contraddittorio, delle due campane, delle due verità, delle due satire, dei tifosi contrapposti. Non solo, ma un emendamento chiede che ad apparire in Tv non siano sempre gli stessi direttori di giornale, gli stessi politici, gli stessi opinionisti. Potrebbero fare un grande Bingo tra gli aspiranti ospiti, chi vince va in tv. Se non fosse una cosa seria tutto questo farebbe ridere. Ma lo è. Per essere attuate queste norme tutti in Rai dovrebbero sempre avere una identità politica e culturale precisa, essere catalogati con ogni sfumatura di pensiero. Per esempio un giornalista considerato di centrodestra ma favorevole al referendum elettorale, dove lo mettiamo? Creiamo un sottoelenco. E quanti sottoelenchi dovremmo ideare per chi è solo un giornalista, uno studioso, un politico che ragiona semplicemente con la propria testa e che ha anche la libertà di modificare la propria opinione? Quando la politica vuole dettare le regole per l'informazione finisce per scimmiottare i regimi totalitari. Quelli almeno avevavo una verità da rivelare, erano lineari, scontati. Non fissavano regole, avevano agenti che censuravano e imponevano. Drammatico, ma non ridicolo. Così con la scusa del pluralismo si confonde tutto. Si fa una marmellata di verità. Per dovere di cronaca non vanno sottaciuti neanche altri aspetti come quella raccomandazione voluta da un esponente radicale perché la Rai assicuri con maggior rigore, la completezza, l'obiettività, l'imparzialità e il pluralismo» nei tg, anche per le aree politiche attualmente non rappresentate in Parlamento oppure per quelle che non sono un gruppo autonomo. Cioè i radicali. Tutto naturalmente con una clessidra, tempi proporzionati alla propria rappresentatività. Non solo, un esponente della Lega pretende in tv il massimo della chiarezza espositiva e narrativa. Stava pensando a Bossi. Forse gli studenti di scienza della comunicazione, almeno quelli che studiano, avrebbero qualcosa da dire su termini come verità, obiettività, oggettività. Speriamo però che i professori parlino più di professionalità. Di oggettività si potrebbe parlare magari in un corso di filosofia, partendo da Hegel. Ma sarebbe meglio non partecipassero i membri di quella commissione. Si impantanerebbero nella feroce disputa se Kant sia di destra o di sinistra. Speriamo che la Rai, pagata da noi, faccia a meno di saggi cattivi consigli, e ora che ha qualche telepredicatore politico in meno, svolga semplicemente il compito di informare.