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Bossi: meglio votare prima del 2013

Umberto Bossi

Berlusconi: con Tremonti c'è concordia

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Al voto "un po' dopo" la primavera, di sicuro prima del 2013. Giusto il tempo di fare una nuova legge elettorale, e poi per Umberto Bossi si può tornare alle urne, perchè - spiega con la consueta schiettezza - "è difficile spennare la gente e poi farsi votare. Meglio andare al voto prima". Che il termine naturale della legislatura sia "troppo lontano" e "obiettivamente complicato" da raggiungere, il leader della Lega lo ripete da tempo, salvo poi difendere il governo in occasione dei voti su Milanese e Romano. Ma stavolta il terreno scelto per il confronto con Silvio Berlusconi è di tutt'altra natura, e - sottolinea un dirigente leghista - "è quello che i nostri elettori si aspettano da noi", ovvero il decreto sviluppo in corso di elaborazione. E le richieste della Lega stavolta coincidono con quelle del premier e sono in rotta di collisione con i paletti fissati da Giulio Tremonti: non solo liberalizzazioni e norme 'ordinamentali', servono risorse fresche. E' per questo, spiega un deputato della Lega, che il Carroccio si è sfilato dal vertice convocato a palazzo Grazioli: doveva vedere riunita tutta la maggioranza, si è derubricato a incontro tra i pidiellini. Accompagnato da una frase di Bossi: "Aspettiamo di vedere tutto il decreto, poi discutiamo". Perchè "il testo che abbiamo visto finora - spiega un dirigente leghista - contiene liberalizzazioni e norme senz'altro positive, ma che da sole non possono bastare". E non è un problema di "costo zero", spiega la stessa fonte: "Può anche essere a saldi invariati per i bilanci dello Stato, ma allora vuol dire che si deve riorganizzare il sistema degli incentivi, togliere risorse su capitoli inutili e concentrarli dove servono". Un capitolo per ora assente dal testo, ma che per la Lega è fondamentale. E rispetto al quale, è la metafora di un deputato, "Bossi si è appostato di nuovo dietro il cespuglio". Insomma, il dl sviluppo è "l'ultima chiamata per il rilancio di questo governo", sintetizza un esponente del Carroccio. Un tema sul quale la Lega non ha paura di preparare la rottura: "Non una manovra di palazzo, ma un argomento che veramente interessa ai cittadini", spiega un deputato vicino a Roberto Maroni. Se dunque il decreto non dovesse essere quello che vuole la Lega, a quel punto la parola potrebbe passare al capo dello Stato, e potrebbe finalmente concretizzarsi il progetto cui il ministro dell'Interno lavora da tempo: un governo di centrodestra riallargato all'Udc, con un premier diverso da Berlusconi. Anche se, ragionano uomini vicini a Maroni, non è detto che la rottura si debba consumare immediatamente, anzi. "Se davvero si deve rompere, il momento giusto è gennaio. Se si stacca la spina prima, sarebbe impossibile andare al voto e si dovrebbe formare comunque un governo: e non è detto che sia il governo che vogliamo noi". Al contrario, "a gennaio se non si riuscisse a dar vita all'esecutivo che immaginiamo avremmo sempre la "via di fuga" del voto anticipato. Prima rischieremmo un esecutivo tecnico con un'ampia maggioranza in cui non conteremmo".

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