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Bersani galleggia su un Pd nel caos

Il segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani

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Voto o governo di transizione? «Ci stiamo attrezzando ad entrambi gli scenari». Non siamo ancora al «ma anche» veltroniano, eppure le parole con cui Pier Luigi Bersani, al termine della direzione del partito, descrive la linea del Pd, ben testimoniano l'impasse in cui si trova il segretario. La notizia è che non c'è una linea. Anche perché le varie anime dei Democratici sono tornate a far sentire la propria voce. E così la direzione, come nella migliore tradizione, prima «processa» il leader, poi rimanda a data da destinarsi i nodi da sciogliere. Con Bersani che pronuncia la fatidica frase: «Stupisce che ci siano dirigenti che, invece di valorizzare il lavoro del partito, lo azzoppano». In fondo, nei momenti di difficoltà, l'appello all'«unità della ditta» fa sempre la sua figura. Il problema è che la direzione si è ben guardata dall'affrontare l'unica vera questione che attualmente agita i sonni dei dirigenti Democratici. Una semplice domanda: è Bersani l'uomo giusto su cui puntare in caso di elezioni anticipate? Anche se non si dice ufficialmente, infatti, è questo ciò che divide i sostenitori di un esecutivo di transizione e quelli del voto subito. Non a caso il più netto è Walter Veltroni: «Il Pd esca con una proposta politica chiara e inequivocabile. L'orizzonte nel quale si muove il Pd non è, come pure qualcuno ha sintetizzato quello delle elezioni bensì quello del superamento del governo Berlusconi con un governo davvero responsabile». E anche Dario Franceschini concorda: «Non è questo il momento di sbandare. Siamo per un governo di transizione e questa rimane la nostra proposta anche se facciamo fatica a spiegarla al nostro popolo che vede aggravare sempre di più i problemi a causa della crisi». Sulla stessa lunghezza d'onda Giuseppe Fioroni: «Siamo ancora convinti che la soluzione sia un governo di emergenza o di larghe intese? Se lo siamo dobbiamo operare perché si realizzi, senza dare la sensazione di dire che lo vogliamo alla luce del sole lavorando invece nell'ombra per elezioni anticipate». Sul punto non concorda il vicepresidente dei senatori Pd Nicola Latorre («In questo Parlamento non ci sono le condizioni per un'alternativa né tantomeno per un qualunque governo di transizione»). Mentre scettico si mostra il suo omologo alla Camera Michele Ventura: «Insistiamo da un anno sul governo di transizione o di responsabilità nazionale per affrontare le grandi questioni. Ma questa proposta non rischia di apparire come conservazione dell'intera classe politica? Se dobbiamo rilanciarla dobbiamo precisarla». Ora la questione è semplice: è chiaro che un governo di emergenza darebbe il tempo al Pd di celebrare un congresso che, con tutta probabilità, metterebbe in crisi la leadership di Bersani, ma è altrettanto chiaro che, con elezioni anticipate, il segretario dovrebbe sottoporsi a primarie di coalizione con il rischio di perderle con Nichi Vendola. Così Pier Luigi galleggia e prova a sopravvivere. Anche perché gli attacchi non riguardano solo la diatriba voto-esecutivo di transizione. La linea Bersani vacilla pure su altri punti qualificanti. Il primo è il sostegno al referendum. Arturo Parisi non si risparmia: «In un sistema quale quello che voi proponete per il governo del Paese il segretario dovrebbe presentarsi dimissionario per difendersi dall'accusa di aver inferto un grave danno al partito proponendo una linea che si è dimostrata radicalmente sbagliata». Il paradosso mira a mettere in luce la scelta sbagliata di Bersani che ha tergiversato sulla raccolta di firme, ma il solo pronunciare la parola «dimissionario» scatena immediatamente un putiferio. E mentre il vicesegretario Enrico Letta e il responsabile Economia Stefano Fassina litigano sulla lettera della Bce (il primo la difende, il secondo la critica) gli ex Popolari, Fioroni in testa, riaprono il capitolo alleanze. Per l'ex ministro dell'Istruzione, la strategia del Nuovo Ulivo con Sel e Idv rischia di spingere il Terzo Polo verso il centrodestra. «Questo è un errore grave», tuona. Bersani è avvertito e nuove bordate potrebbero arrivare in occasione dell'assemblea di Modem, la minoranza guidata da Veltroni, Fioroni e Paolo Gentiloni, in programma il 10 ottobre.

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