Il Pdl vuole scaricare Tremonti
Tremonti accerchiato. E sempre più isolato dentro il Pdl. La gaffe di martedì al vertice dell'Ecofin, davanti ai colleghi di tutti i governi europei, e il tentativo, goffo, di rimediare all'errore, ha dato il via ieri a una serie di dichiarazioni durissime contro il responsabile dell'Economia. Il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto, che con il ministro da mesi è in contrasto totale, è stato il più diretto e ha detto chiaro e tondo che se ne deve andare: «Tremonti è un problema. Si dimetta se pensa che questo Governo è un ostacolo alla crescita dell'Italia. Se fossi Berlusconi sarei furibondo». «Se uno dice una cosa è perché la pensa – ha proseguito – Il problema è lui perché non presenta proposte e non produce risultati. Se in un'azienda una persona non produce nessun risultato, viene mandato a casa». Più sfumato ma ugualmente severo il giudizio del ministro degli Esteri Franco Frattini che è ieri pomeriggio a Roma è intervenuto al convegno della Fondazione di Adolfo Urso e Andrea Ronchi «Fare Italia». Rimproverando a Tremonti – che comunque non ha mai citato direttamente – di non avere abbastanza coraggio: «Non si può e non si deve dire né far credere che le riforme per lo sviluppo e per la crescita si possano limitare al contenimento ragioneristico di conti pubblici dello Stato. Le istituzioni internazionali ci hanno chiesto di intervenire per stimolare la crescita e lo sviluppo che non possono essere uno slogan. Ci vuole coraggio. Non si può realizzare un programma di crescita se non si mette mano a iniziative coraggiose». «Da tempo avremmo dovuto dismettere e vendere il nostro patrimonio immobiliare e da tempo avremmo dovuto mettere mano alle aziende pubbliche locali». E qui arriva la frecciata alla Lega: «Non può un alleato pur leale della nostra coalizione dire "non si può fare", perché si deve fare». Frattini invoca anche una riforma del sistema pensionistico: «Chi non la vuole la chiama brutalmente riforma delle pensioni chi la vuole fare, come me, parla invece di un riequilibrio generazionale: è un'ingiustizia non farlo perché si scarica il sistema sulle generazioni che seguono». Ma il primo attacco al ministro dell'Economia era arrivato in mattinata da Giuliano Ferrara, ospite della trasmissione su Rai 3 «Agorà»: «Tremonti è per metà un tributarista di genio e per metà un bambino capriccioso e un colossale imbroglione». Il direttore del Foglio ha anche lanciato l'allarme sulla possibilità che sia il premier, invece, a mollare tutto: «Ho sentito Berlusconi ed è molto di cattivo umore – ha raccontato – Minaccia di andarsene lasciandoci in balìa della sorte e non di un'alternativa concreta. La tragedia è di non aver affrontato la questione della crescita quando doveva farlo, quando lo ha annunciato a gennaio dello scorso anno. Questo è il fallimento recente di Berlusconi. Speriamo che ora faccia una dieta di sangue di tigre e bistecche di leone». Il Cavaliere, però, non sarebbe soddisfatto neppure del partito. Tanto da pensare di farne uno nuovo: «A me risulta che Berlusconi stia sondando la base del Pdl – ha confidato – per capire se c'è la possibilità di fare un partito di supporto». Tensioni, scontri, che arrivano alla vigilia di un altro incontro delicato tra il premier e Tremonti dopo quello di martedì sera dopo il declassamento del debito italiano da parte di Moody's. Oggi, subito dopo il Consiglio dei Ministri, i due si vedranno per fare il punto sulla nomina del nuovo Governatore della Banca d'Italia. Le posizioni sono note da tempo, Berlusconi sostiene Fabrizio Saccomanni, direttore generale dell'istituto, Tremonti e la Lega spingono per Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro. Una mediazione che sembra difficilissima. E infatti in corsa ci sono due outsider, Lorenzo Bini Smaghi, componente fino a poco tempo fa del board della Bce, e il vicedirettore generale della Banca d'Italia Ignazio Visco. Subito dopo Berlusconi farà un vertice di maggioranza con tutti i partiti della coalizione per esaminare le proposte sul Decreto Sviluppo che si è impegnato ad approvare entro la metà di ottobre. A mettere un po' di tranquillità sul futuro del centrodestra ci ha provato il segretario del Pdl Angelino Alfano: «Noi siamo qui per affermare che non siamo una parentesi della storia italiana. Quest'anno, l'anno prossimo o nel 2013, se qualcuno pensa di fare la discesa in campo come nel '94 fece Silvio Berlusconi, si sbaglia perché la differenza rispetto a quando Berlusconi discese in campo è che non ci sarà il deserto, non ci saranno truppe in fuga o eserciti in rotta ma ci sarà il nostro grande partito che rappresenterà i moderati».