Travaglio come Tonino: "Pronti a sparare"
«Se le leggi non garantiscono la giustizia, cosa devono fare i cittadini, arrivare sparare? In quest'Italia si arriverà a sparare». Marco Travaglio viaggia sulla stessa lunghezza d'onda di Antonio Di Pietro, leader dell'Idv che aveva invitato il Cavaliere a dimettersi per evitare «il morto». Il vice direttore de Il Fatto quotidiano l'ha davvero "sparata" grossa per toccare le corde di un numerosissimo pubblico di ventenni antiberlusconiani, esaltandone le venature forcaiole, nel corso di una conversazione-dibattito del neonato festival "Frontiere" nel centralissimo ex Palazzo della Posta di Bari. Il giornalista torinese, nel suo sermone sul Paese corrotto dal berlusconismo, non ha esitato a usare un lessico barricadiero per riscaldare una platea militante, che al solo nominare gli esponenti del centrodestra di governo con l'intento di dileggiarli, lasciava partire un fragoroso applauso. Travaglio ha lanciato frecciate velenose anche a sinistra, per disinnescare ogni polemica sulle carriere in politica dei magistrati protagonisti di processi scottanti: nel calderone è finito il «compagno avvocato Pisapia», sindaco di Milano, che quando divenne presidente della commissione giustizia della Camera non chiuse il suo studio legale, facendo alludere che avrebbe generato un conflitto di interessi potendo legiferare mentre suoi clienti erano coinvolti in procedimenti penali. Gli strali travaglieschi hanno fustigato anche le frequentazioni dei politici con le escort che «i giorni pari vanno a Palazzo Grazioli e quelli dispari dal vice di Vendola alla Regione Puglia» (il riferimento è a Sandro Frisullo numero due dell'esecutivo del governatore di Sel durante il primo mandato ndr). Poi c'è stata una filippica per la quale i reati commessi dai poveracci «fanno meno male di quelli commessi dai ricchi», tesi sostenuta con queste argomentazioni: «Perché sono sfigati. Uno scippatore ruba una borsa, un bancarottiere i risparmi di una vita dei correntisti». Infine nel "mirino" dello storico opinionista di Annozero sono finiti anche gli editorialisti del Corriere della Sera Angelo Panebianco e Ernesto Galli della Loggia, «uno sa leggere, l'altro scrivere», perché hanno firmato articoli scandalizzati dopo aver appreso delle centomila intercettazioni a cui sono stati sottoposti gli indagati nel procedimento escort-Tarantini a Bari. Per Travaglio non c'è nulla di cui sorprendersi: «Gli intercettati erano quindici. Centomila erano i contatti».