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Prodi ha perso l'equilibrio, Bersani superato da Vendola

Romano Prodi

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È durata solo un paio di mesi la dimensione da statista di Romano Prodi. Che prima delle ferie estive aveva spiazzato amici e compagni di schieramento criticandone le spinte alla crisi di governo. Non si cambia pilota alla barca nel bel mezzo di una tempesta, aveva ammonito il professore. Ieri invece, accampando come scusa la stessa tempesta, che non è passata, ma sotto certi versi si è aggravata, e non solo per gli indubbi errori del governo, egli ha scritto che «qualsiasi nuovo timoniere è meglio di quello esistente». E che «il rischio di un cambiamento è certamente preferibile alla certezza che la nostra nave vada a schiantarsi contro gli scogli». Dev'essere quindi crisi di governo, e subito, evidentemente anche con le cattive, visto che con le buone Silvio Berlusconi non intende rinunciare alla maggioranza parlamentare di cui continua a disporre e dimettersi. Non vorrei che a far cambiare umore a Prodi fosse stata una recentissima rimpatriata pubblica, dalle sue parti, con un Nichi Vendola reduce dalla ormai famosa foto di gruppo a Vasto con Pier Luigi Bersani e Antonio Di Pietro, propiziatrice di una nuova edizione dell'Ulivo. Dai cui rami è già capitato una volta al professore di lanciarsi su Palazzo Chigi, e di centrare l'obiettivo per rimanervi però solo due anni e mezzo, rovesciato in Parlamento proprio dagli allora compagni di partito di Vendola. Né migliore fortuna ebbe la volta successiva, quando, cambiati nome e simbolo dell'alleanza, ma non le componenti essenziali e le abitudini, egli tornò a Palazzo Chigi per ancora meno tempo. A Prodi deve essere evidentemente piaciuto a suo tempo quel film, d'altronde bellissimo, chiamato "Il portiere di notte", tutto giocato sulla complicità tra vittima e aguzzino. Eppure la vittima, in questo caso, non sarebbe più lui. Che nessuno ricandiderebbe a Palazzo Chigi per una riedizione dell'Ulivo, essendo già in pista cavalli ben più giovani, scattanti e veloci. A cominciare dallo stesso Vendola, che li frega tutti, da Bersani in giù e in su, perché non ce n'è uno più immaginifico ed efficace di lui nel parlare al popolo di sinistra e nel suscitarne le emozioni. L'ho sentito l'altro ieri a Piazza Navona e ne sono rimasto umanamente impressionato. Lo dico con sincerità, senza ironia. Ma il popolo italiano, anche quello di sinistra, al netto delle qualità oratorie e della buona fede di Vendola, ha bisogno più di soluzioni ai problemi che di emozioni. E di soluzioni reali ai problemi del Paese, se si vuole continuare a stare con i piedi e con la testa in Europa, senza scivolare con gli uni e con l'altra nell'Africa del sottosviluppo, Vendola non può purtroppo offrirne. Né possono offrirne gli alleati per gli inevitabili suoi condizionamenti, come dovrebbe sapere benissimo anche Prodi per le sue esperienze di governo in Italia e al vertice della Commissione dell'Unione Europea. Se vi è una cosa dimostrata dal combinato disposto della famosa lettera della Banca Centrale Europea al governo italiano, alla base dell'ultima manovra finanziaria, e dei ripetuti interventi e moniti del presidente della Repubblica sulla necessità di cambiare e poi ancora cambiare per stare al passo con l'Europa, e ancora più in generale con la modernità, essa è proprio l'inadeguatezza della sinistra emotiva di Vendola e di quelli che sono pronti a rigovernare insieme. E quindi la necessità di scomporre il cosiddetto centrosinistra per ricomporlo in altro modo, avrebbe detto Aldo Moro. Che nella Dc, e nel Paese, fu maestro di scomposizioni e ricomposizioni, brutalmente assassinato dalle brigate rosse proprio perché non potesse continuare a farlo. L'altra cosa dimostrata dal combinato disposto della lettera della Banca Centrale Europea e degli interventi del capo dello Stato, comprensivi stavolta dei moniti contro le pulsioni secessionistiche della Lega, è l'inadeguatezza anche del centrodestra. Dove i leghisti, senza distinzioni tra bossiani e maroniti, alternano i loro riti padani ai veti -come Vendola- contro l'allungamento dell'età pensionabile e altre misure contro gli sprechi imposteci, se non bastasse il buon senso, dai vincoli esterni dell'Europa, liberamente assunti dai nostri governi e ratificati dal Parlamento. Anche nel centrodestra va quindi affrontata una doppia operazione di scomposizione e ricomposizione in vista del rinnovo delle Camere, cui è auspicabile che si arrivi naturalmente con una nuova legge elettorale. Quella in vigore, con le liste bloccate, i parlamentari nominati e tutto il resto, è stata ormai mandata sulla soglia dell'obitorio dal milione e più di firme raccolte per un referendum che sarà ben difficile eludere.   Fra gli effetti negativi, anzi catastrofici, di una crisi di governo oggi ci sarebbe anche il blocco delle necessarie scomposizioni e ricomposizioni degli schieramenti alternatisi in questi diciassette o diciotto anni scarsi della cosiddetta seconda Repubblica, se non vogliamo far mandare al macero anche questa, come la prima, dai soliti magistrati.

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